I Love You But I've Chosen Darkness: per la serie "speciali a partire dal nome".
Moniker lungo che evoca immagini, sensazioni, scene di addio, sguardi persi. Musica per cuori indelebilmente segnati (come suggerisce la minimale e bellissima cover) dall'amore e dai contrastanti stati d'animo che il sentimento più oscuro e luminoso allo stesso tempo ci obbliga a vivere, indossare, sentire e piangere.
I cinque di Austin, quasi tutti reduci di precedenti avventure in musica (Jason McNeely ha militato nei Windsor For The Derby, mentre Edward Robert nei purtroppo misconosciuti Paul Newman), sono il nome nuovo che pochi si aspettavano, quei pochi che hanno avuto la fortuna di prestare ascolto all'omonimo Ep del 2003, prodotto dal concittadino Britt Daniel, voce degli Spoon, e uscito per la piccola etichetta Emperor Jones.
Cinque canzoni cinque, una più bella dell'altra, commistioni di indie-rock e rimasugli new wave marchiate a fuoco da un'attitudine emozionale sino allo stordimento, necessario per una consolazione improbabile per chi ha già scelto l'oscurità e si trova ad abbandonare tutto il resto, tutto l'amore trovato lungo il cammino.
Una produzione attenta e poco ingombrante da parte di Daniel e un suono asciutto, diretto, fatto di arrangiamenti semplici, ma sempre e comunque al posto giusto, a esaltare un songwriting scintillante.
Dopo quell'episodio, un 12" e poi il silenzio, la perdita delle tracce.
Qualche mese fa, la notizia apparsa sul sito della band che narra di un contratto firmato con la lungimirante Secretly Canadian e un disco in uscita per i primi di marzo del 2006.
"Fear Is On Our Side" è il debutto ufficiale sulla lunga distanza del quintetto texano ed è un lavoro che non tradisce le aspettative, anzi, le culla e le accarezza pur spiazzando: il suono si è fatto più stratificato e buio, le canzoni sembrano le versioni adulte e disilluse delle cinque presenti sull'Ep: quelle splendidamente acerbe, queste paurosamente consapevoli.
L'amore degli I Love You But I've Chosen Darkness (sembra un gioco di parole) è tutto dedicato alla dark side della new wave, ai torbidi anni 80 dei Joy Division e dei Cure, le band a cui i cinque sembrano rivolgere un rispettoso sguardo e un doveroso tributo per nulla pedestre, senza dimenticare un altro gruppo mai troppo citato dell'epoca, vale a dire The Sound.
L'iniziale "The Ghost" è l' incipit perfetto, sospesa e marziale nel suo incessante tambureggiare, preludio alla tempesta di distorsione che sta arrivando inesorabile e necessaria come le parole che la accompagnano: "I think about how I miss you". Inevitabile chiamare in causa i Cure di "Pornography" e gli intrecci di chitarra di un Robert Smith in stato di grazia e in fondo al baratro.
Non si fa in tempo a riprendersi che subito si scorgono le sagome dei Joy Division con "According To Plan": linea di basso distorto memorabile che cita "Isolation", batteria dritta che concede poco alle variazioni e un ritornello assassino che, invece, salta direttamente in direzione dei New Order della prima ora.
Bastano questi due brani, splendidi, a mettere le cose bene in chiaro: gli I Love You But I've Chosen Darkness sono dotati di una vena compositiva e un rispetto verso i padri del genere che non ha eguali in questi tempi di clonazione spudorata e poco ispirata ad opera di band che già dai prossimi mesi nessuno ascolterà più.
"Fear Is On Our Side" è, prima di tutto, un disco di classe, di sostanza e stile, in perfetto equilibrio, niente affatto immediato e, anzi, sinuosamente e silenziosamente intrusivo sino al momento della conquista dell'ascoltatore. Un'invasione fragorosa.
Sono molti i momenti in cui l'emozione prende il sopravvento sulla ragione, come è giusto che sia nel caso di un disco così dichiaratamente romantico e decadente: "We Choose Faces" inizia con intrecci chitarristici carichi di riverbero di scuola Slowdive per poi far spazio a una cassa pulsante e dritta e ad altre splendenti reminiscenze, come se i New Order facessero mixare un pezzo a Kevin Shields dei My Bloody Valentine; "Last Ride Together" è un compendio di post-rock applicato alla forma canzone, un fuoco che cova sotto la cenere in attesa di incendiare tutto come il più bello degli amori, quello più devastante.
L'ultimo giro assieme, prima che cali il buio.
Buio che cala definitivamente con "If It Was Me", traccia finale del disco, lunga cavalcata wave in cui i suoni riverberati e d'ambiente si fanno via via più presenti, quasi a coprire tutto il resto: un rassicurante ma obliquo inizio tra Modern English e Psychedelic Furs, uno stacco all'unisono di basso, chitarra e batteria e di nuovo un narcotico incedere in una palude di suoni che trascinano verso il punto dove l'acqua è più profonda.
Insomma, avrete capito che "Fear Is On Our Side" non è un disco di cui poter parlare senza chiamare in causa il cuore, l'emozione, l'amore, la disperazione e la mancanza.
Sta a voi scegliere.
20/12/2006