Lloyd Cole

Antidepressant

2006 (Sanctuary / Edel)
songwriter, pop

Lloyd Cole è stato, per chiunque fosse adolescente e appassionato di musica indipendente negli anni Ottanta, una figura influente e determinante, e non è un caso che, proprio qualche mese fa, una delle migliori band indie-pop in circolazione, Camera Oscura, abbia intitolato un proprio singolo "Hey Lloyd I’m Ready To Be Heartbroken", in risposta alla domanda "Are You Ready To Be Heartbroken?", titolo della canzone di maggior successo che il nostro, insieme ai fidi Commotions, aveva inciso nel lontano 1985, inserendola nel proprio album d’esordio, "Rattlesnakes", piccolo capolavoro di rock melodico e intimista.
La carriera di Lloyd Cole, dopo altri due album di qualità assoluta e di ottimo successo commerciale, sempre a firma Lloyd Cole and The Commotions, è proseguita con una lunga serie di prove soliste che, benché di buon livello, non hanno mai più raggiunto le vette artistiche e commerciali dei primi capolavori.

È, quindi, difficile, proprio perché Lloyd è come fosse un vecchio amico molto amato, riuscire a giudicare il nuovo lavoro del nostro prescindendo dal suo passato. Se ci limitassimo a prendere in considerazione esclusivamente il nuovo "Antidepressant" faremmo un grosso torto a un artista che tanto ha rappresentato nel mondo del pop "da cameretta". Se, però, dovessimo paragonare forzatamente il nuovo album agli straordinari lavori degli esordi, il giudizio non potrebbe che essere, inevitabilmente, negativo. Lloyd Cole non è più il giovane artista colto, dalla voce affascinante e dallo sguardo ironico che scriveva capolavori senza tempo come "Forest Fire", "Perfect Skin" e "Jennifer, She Said". Si è smarrito. Ogni tanto è riemerso, per poi perdersi nuovamente in una offerta musicale che non ha più, per i fruitori attuali, il fascino e l’appeal di una volta. Ma, indiscutibilmente, e questo nuovo lavoro lo conferma, rimane un songwriter di razza.

Il tentativo di parlare di "Antidepressant" va, quindi, doverosamente compiuto. Nell’album in questione, che la Sanctuary licenzia a tre anni di distanza dal precedente lavoro solista di Lloyd Cole, proseguendo, dopo Morrissey, il recupero di personaggi che hanno caratterizzato la musica pop degli anni Ottanta, il nostro non si discosta dal percorso già intrapreso e sforna undici brani di rock leggero e introspettivo, caratterizzati, per lo più da una vena malinconica e meditabonda.
I suoni che permeano il lavoro sono di chiara matrice pop, caratterizzati da una produzione e da arrangiamenti piuttosto convenzionali e mainstream, arricchiti da un’orchestrazione molto presente, ma discreta e mai troppo invadente. Qualche brano, probabilmente anche a causa del legame ancora forte tra Cole e il pop da classifica, è più ritmato e solare, ma il mood del disco è dettato da tempi dilatati e soffusi, da chitarre slide, armonica, spazzole e tutta quella strumentazione che ci si aspetta di trovare in un album di raffinate canzoni pop-rock fortemente venate di folk e country. L’insieme dà l’idea di un mix tra momenti tristi e malinconici e situazioni più luminose e felici. Ma, per dirla con le parole di Lloyd, "un antidepressivo è una pillola che si prende e che ti fa stare bene, ma il prenderlo implica l’esistenza della depressione".

L’apertura di "The Young Idealists" detta il passo dell’album intero. Il pezzo, melodico e dall’incedere rilassato, racconta storie ordinarie di sogni infranti e di cinismo di ritorno con eleganti giochi di parole e riferimenti culturali non scontati, senza però sfociare nel pessimismo e nella disperazione.
I successivi brani, a partire dal più scanzonato "Woman In A Bar", per proseguire con "New York City Sunshine", e con la title track, segnano i momenti più luminosi dell’album, dove i testi di Lloyd Cole si fanno più ironici e meno sarcastici, e anche l’accompagnamento sonoro, seguendo lo stesso andamento, è più ritmato e corposo, con l’inserimento di tastiere e archi.
L’incedere del pezzo iniziale, e le sue tematiche musicali, piuttosto vicine al secondo lavoro solista di Cole, "Don’t Get Weird On Me Baby", ritornano in pezzi come "I Didn’t See It Coming", dove Cole ironizza sulla propria incapacità di fare la mossa giusta o nella intimista "How Wrong Can You Be?", in cui una raffinata chitarra acustica introduce una ballata di classico stampo folk-rock, che racconta l’ennesima storia di una relazione finita male.

E’ però il finale dell’album, dopo qualche brano meno riuscito, a regalarci le vere gemme della raccolta: innanzitutto "Travelling Light", ballata "alla Commotions", nel cui incedere cadenzato il pop sposa felicemente il country. E, per finire, "Rolodex Incident" che, dopo un malinconico passaggio strumentale di circa due minuti, riporta Lloyd, con la sua voce inconfondibile, a essere il cantore dei "cuori infranti", dipingendo un quadro di amori perduti e rimorsi.
Un lavoro nel complesso soddisfacente, quindi, forse un po’ penalizzato dall’eccessiva pulizia dei suoni e dalla scarsa voglia di rischiare di un artista che, ormai giunto a oltre venti anni dall’esordio, non riesce e non vuole discostarsi dagli stilemi classici del proprio songwriting. D’altro canto, sono proprio il modo di scrivere canzoni, la brillantezza e l’acume dei testi, oltre a quella voce inconfondibile, i punti di forza di Lloyd Cole anche nella sua ultima fatica.
La sensazione che l’ascolto di "Antidepressant" lascia è che Lloyd scriva, ancora, semplicemente, musica per cuori infranti, tentando, con le sue ballate ironiche ed emozionanti, di lenire quella ferita sempre aperta nell’anima degli adolescenti di una volta che, tuttavia, non sono mai riusciti o non hanno mai voluto diventare adulti.

10/10/2006

Tracklist

  1. The Young Idealists
  2. Woman In A Bar
  3. New York City Sunshine
  4. Antidepressant
  5. I Didn't See It Coming
  6. How Wrong Can You Be?
  7. Everysong
  8. I Am Not Willing
  9. Slip Away
  10. Travelling Light
  11. Rolodex Incident

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