Loose Fur

Born Again In The Usa

2006 (Drag City/ Promorama)
alt-rock

Rullo di tamburi. Signorine e signorini della vellutata galassia underground , gioite pure: siamo di fronte alla seconda prova dei Loose Fur, sorta di stravagante “supergruppo” (anche se il termine a loro non calza e preferiremmo affibbiarlo a quei bolsi tirannosauri del passato tipo Toto o Emerson, Lake & Palmer) nato nel 2003 dal sodalizio artistico del compositore/autore/kraut-folker Jim O’ Rourke con il cuore pulsante dei chicagoani Wilco, vale a dire il cantante/chitarrista Jeff Tweedy e il batterista Glenn Kotche. Questi ultimi avevano già suonato come ospiti in “Insignificance” di O'Rourke, cinque anni fa, mentre lui aveva prodotto per loro i due eccellenti “Yankee Hotel Foxtrot” e “A Ghost Is Born”.

I ragazzi hanno fatto conoscenza, stretto amicizia. Poi si è messa in mezzo l'idea di un'attività parallela e sono nati i Loose Fur. "Born Again In The Usa" è un gran bel lavoro, considerata la patologia benigna di cui soffrono, quella “creativa serenità da side-project” che fa riuscire tutto facile, ogni particolare miracolosamente in equilibrio rispetto all’ugualmente robusta cornice: niente stress da prestazione, pressione mediatica sotto i livelli di guardia, nessun fan che ti aspetta al varco per squagliare polemicamente “Kicking Television” o gli Ep del vecchio Jimmy. L’atmosfera distesa e la voglia di fare hanno dato la giusta armonia alle sedute di registrazione (tenutesi presso gli abituali Wilco Loft e Sear Sound), permettendo al combo di realizzare un album decisamente più rock del precedente, innervato dalla medesima originalità e da quei sapienti tocchi di classe capaci di trasformare in oro un altrimenti semplice jam session .

I cambiamenti di rotta. Le canzoni passano da sei a dieci e cambiano parzialmente forma. Si asciugano le lungaggini “concettuali” e i rumorismi tribali da scuola d'arte (la media ora è di tre minuti e mezzo), ci si diverte con una formula rock più heavy e progressive, senza esagerare però con i paragoni che parte della critica statunitense ha già fatto (roba tipo: “Phish meets The Band”; “Yes meets Shellac”; “Slint meets Xtc”. Ma si dovevano incontrare tutti in questo disco? Andiamoci piano...).
L'impressione generale è di un lavoro più secco, caldo e conciso, graffiante, ma anche malinconico e intimista quando ce n'è bisogno. Le due chitarre hanno molte più parti armonizzate tra loro, la batteria (sincopata e singhiozzante come non mai) riveste un ruolo preminente e protagonista in fase d'arrangiamento.

La patina sperimentale/avant-garde, seppur levigata, riaffiora comunque lungo i trentasette minuti, ingentilita, piegata a esigenze più “ambientali” che non ossessivamente “noise”. Le voci di Jeff e Jim, così come le loro personalità, così diverse eppure così affini, si mescolano alla perfezione dando l'idea di una band cha va (fin troppo?) a pieni giri. Se la sfida era quella di forgiare un sound caratteristico per i Loose Fur, senza troppi riferimenti plateali a gruppi e/o dischi del loro passato recente, allora il tentativo è andato a segno.

Il contenuto. I crediti sono equamente condivisi tra Tweedy e O'Rourke (che regala il primo stock di suoi pezzi originali dai tempi di “Insignificance” del 2001) ed è proprio un bel sentire. Si parte dai riff di "Hey Chicken", un rock arrembante e distorto, pieno di stop e riprese dettate dal rutilante Kotche. Siamo dalle parti dei Pavement, di quegli stilosi, monolitici accordi che credevamo morti e sepolti.
Della stessa pasta ritmica è poi la sfuggente "Apostolic", un pot-pourri di colori diversi, intrecci elettro/acustici da nenia orientale e pathos corganiano, risolti improvvisamente nella successiva "Stupid As The Sun", incedere marziale e piglio stoner/power pop degno dei Queens Of The Stone Age.
A ristabilire le sorti della melodia arriva l'irresistibile "The Ruling Class", mid-tempo dal groove country e fischiettìo che sottolinea il tema. Dal canto suo, Jim O'Rourke riscopre il mai celato affetto verso la ballata acustica e fragile: rispolvera un vestito nero dall'armadio, un cappellaccio impolverato e intona "Anwers To Your Questions", il quadretto di Neil Diamond di fronte, il folk maudit di Lee Hazlewood nell'anima. Il brano è scosso appena da percussioni, avvolge e lascia passare solo una chitarra elettrica, liquida, vagamente floydiana. Un sussulto di oscurità ce lo regala lo strumentale "An Ecumenical Matter", spettrale nella sua evanescenza, sempre pronta a esplodere senza mai avere l'ossigeno necessario. Pochi tocchi di piano attenuano la tensione, il basso regge l'impalcatura armonica.

Il brano migliore? Chissà, forse "Wreckroom", paradossalmente il brano più lungo (otto minuti e trentasei), ambiziosa suite in tre movimenti: calma apparente, tempesta elettrica, quiete+echi+ronzii, sulla falsariga di "At Least That's What You Said" dei Wilco. Suggestive le salite di tono delle due elettriche all'unisono, così come le accelerazioni improvvise.

Piccoli rimpianti: il titolo del disco, davvero brutto e senza storia; l'assenza dei testi pubblicati nel booklet ; la discutibile scelta dell'artista coinvolto per tradurre la musica in immagini: il pur interessante Tomoo Gokita, giapponese e coetaneo della band, lo avremmo visto più in sintonia con le inquietanti visioni di un Jason Molina, un Bill Callahan, al limite un Damien Jurado. Peccato veniale, comunque.
Geniali invece le fotografie della band, che ci illustrano “chi suona cosa” piazzandoci direttamente l'immagine del relativo strumento. Una chicca.

Perché comprarlo: se vi è piaciuta "Liquidation Totale" sull'album precedente, andate sul sicuro. A parte l'attrazione nel constatare la caratura dei protagonisti coinvolti, a parte la soddisfazione nel sentirli in piena forma, "Born Again..." piace perché si lascia ascoltare e non stanca. E' accessibile, divertente, melodico. Suona schietto e ruggente come i Beatles del “White Album”, moderno e perfino ironico.
La ridondanza e gli stereotipi non sembrano proprio appartenere ai Loose Fur. Speriamo di vederli presto dal vivo anche se, stando alle voci che girano, non sarà tanto semplice.

08/03/2006

Tracklist

  1. Hey Chicken
  2. The Ruling Class
  3. Answers To Your Questions
  4. Apostolic
  5. Stupid As The Sun
  6. Pretty Sparks
  7. An Ecumenical Matter
  8. Thou Shalt Wilt
  9. Wreckroom
  10. Wanted

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