Matmos

The Rose Has Teeth In The Mouth Of A Beast

2006 (Matador)
elettronica, avantgarde

La ricontestualizzazione di suoni concreti in grammatiche musical-culturali disparate, quella sorta di riduzionismo che papà Schaeffer aveva teorizzato e realizzato non del tutto compiutamente, è stato ed è ancora il filo conduttore dell’arte sublim(inal)e dei Matmos.

Non semplice "produzione" di suoni concreti, non scontato cut’n’paste da vampirismo calligrafico, ma rielaborazione profonda, operazione atta a svuotarne l’essenza semantica originaria a favore di una ricerca/stimolazione di plurime percezioni di senso. La musica dei Matmos si è così presentata come un universo omnicomprensivo di qualunque potenziale commistione di generi, di svariati e fantasiosi accostamenti che trovavano legittimazione nel risultare costrutto completamente nuovo. Materia rigogliosa di suggestioni, ma decisamente stagnante nel precedente "The Civil War", che pur pregno di vitale godibilità "pop" si scopriva derivativo, nel suo voler riferire universi forzatamente riconoscibili (l’America sudista di metà 800 come l’Inghilterra della guerra civile di metà del 600) e rielaborati in termini di rispettoso formalismo, con una strumentazione reale. Artificio che non ritroviamo nel presente "The Rose Has Teeth In The Mouth Of A Beast", degno successore dei primi lavori, laddove l’attitudine sperimentale ben si inscriveva in una dimensione popular , utilizzando "logos sonori" violentemente depredati dall’originaria e istituzionalizzata valenza totemica. Sorta di metaconcept avente come filo conduttore l’omaggio/commemorazione a/di vari personaggi storici, l’album esibisce una successione di pezzi (de)strutturati intorno cromatismi collagistici di materiali di risulta, grumi glitch , ritmiche microscopicamente fratturate e qualche sciccheria elettro-tribale da primitivismo post-moderno.

Una musica che procede per associazioni mentali, dove l’arbitrarietà del rapporto tra i segni e le corrispettive visioni diviene meno precipuo per via una serie di variabili compositive che rendono stringenti le metafore sonore. Ecco che allora l’elettro-jazzettino di "Snails Lasers For Patricia Highsmith" ben dipinge l’atmosfera noir dei romanzi della scrittrice statunitense, un po’ come nel "Godard-Spillane" di John Zorn. O la selva indistricabile di "Germs Burn For Darby Crash", cortocircuito istintuale tra le teorizzazioni di Russolo e le oscure aberrazioni armoniche di Nurse With Wound, a presentare il rumore come fonte primaria di stimoli (e risposte) non soggetti a mediazioni, se non a quelle dei Matmos stessi.

L’interazione tra sampling e strumentazione classica di "Semen Song For James Bidgood" dà vita a una sorta di straniamento percettivo, amplificato, nel caso di specie, dal flusso di coscienza in loop di Antony, a richiamare le poetiche surrealiste di Robert Ashley.
Ma il riferimento a prestigiosi colleghi diviene forse, anzi sicuramente, fatuo, poiché dopo svariati album e progetti paralleli, Drew Daniel e Martin Schmidt sono depositari di un linguaggio inconfondibile. Sound art per installazioni mentali, Idm post-fallout dell’evo tecnocratico, enucleazione chirurgica dei suoni che ci avviluppano.
Continua ineccepibile la rivoluzione silenziosa dei Matmos.

10/05/2006

Tracklist

  1. Roses And Teeth For Ludwig Wittgenstien
  2. Steam And Sequins For Larry Levan
  3. Tract For Valerie Solanas
  4. Public Sex For Boyd McDonald
  5. Semen Song For James Bidgood
  6. Snails And Lasers For Patricia Highsmith
  7. Germs Burn For Darby Crash
  8. Solo Buttons For Joe Meek
  9. Rag For William S. Burroughs
  10. Banquet For King Ludwig II Of Bavaria