Spesso il primo ascolto di un disco è un susseguirsi continuo di accostamenti, parallelismi, dèjà vu che allontanano l'attenzione dall'effettiva valutazione del prodotto sonoro; ciò capita soprattutto quando questo susseguirsi è tra i più disparati, in quel caso la confusione è più che dovuta e, a volte, anche giustificata. Shara Warden, alias My Brightest Diamond, di certo non ha pensato a tutto questo (giustamente) quando è entrata in sala di registrazione, avvolta dall'entusiasmo da primo disco, dalla comprensibile convinzione di chi possiede una voce incantevole, capace di adattarsi a qualsiasi situazione. Le esperienze del passato poi, hanno fatto tutto il resto, deviando ancor di più ciò che già vacillava nelle intenzioni della matricola Shara. Così, dopo attente registrazioni, con l'ausilio di svariate, talvolta misconosciute strumentazioni, nasce "Bring Me The Workhouse", prima fatica dell'amica di Sufjan Stevens; già, perché questa dolce ragazza ha collaborato con il talento di Detroit, in qualità di supporto vocale, nelle ultime due fatiche del rampollo di casa Rough Trade.
Le prime luci che si accendono in questo laboratorio sono il riflesso tenue dei lamenti di "Something Of An End": una malinconica ballata provvista dei soliti, prevedibili stacchi, delle classiche cerniere, tra rimpianto, odio e amore. Tutto comincia a esser chiaro: il solito disco, testi scontati, fraseggi monotoni e fin troppo ovvi. Eppure c'è qualcosa che vuole a tutti i costi "eccitare", "sorprendere", ma cosa? Sicuramente la voce ha tutte le carte in regola per creare tutto questo, ma non solo, c'è dell'altro: innanzitutto le melodie che, da "Golden Star" in poi, vanno a collocarsi sempre nei punti più lontani, assumendo in continuazione una propensione all'imprevedibilità, spesso, fin troppo sfuggente. Da segnalare anche una buona conoscenza delle tecniche classiche da conservatorio, utilizzate sia nel canto che nell'introduzione di violini e violoncelli.
La ragazza dal visino candido, a questo punto, decide di ribaltare ogni pronostico iniziale alla terza fermata del disco, mostrandoci il diamante davvero più brillante: "Gone Away".
Ha ufficialmente inizio la dipartita dei dubbi, d'ora in poi gentilmente spostati dal soffio angelico della voce di Shara; l'iniziale susseguirsi ora è una dolce conferma, ipnotizzati da una magistrale interpretazione, non possiamo che annuire in silenzio, quasi sorpresi.
Accettato ogni compromesso, il viaggio all'interno della casa dei lavori procede tra alti e bassi, senza sforzi apparenti la Warden mescola dolorose sceneggiate acustiche, "We Were Sparkling", con vere e proprie pulsazioni post-rock: "Magic Rabbit". Capace anche di maneggiare, in "Freak Out", dell'acid-rock, danzando in momentanea tenuta stile PJ Harvey. Nel mezzo una disarmante confusione di vocalizzi e ottime melodie, puntualmente protetti dal classicismo orchestrale con cui è cresciuta Shara. Canzoni che inizialmente disorientano, trasportando le emozioni altrove. Poi, come un boomerang tornano indietro e sorridono, quasi contente nell'aver confuso, per alcuni lanci, chi offre loro la quotidiana nutrizione. Va anche detto che ci sono diverse componenti da principiante, che rimandano sempre al "non so" di convenienza, deviando l'anello di congiunzione, capace di condurre ad una valutazione compatta dell'insieme. In tal senso la Warden ha tante cose da offrirci, al punto tale da indurci a restare fermi un attimo, prima di scegliere con cura i suoi (comunque) preziosi doni, offerti con la stessa veemenza infantile di una bambina che bussa alle porte di tutti nella notte di Halloween.
Per concludere: "The Good And The Bad Guy", ovvero tutta la sensualità amorosa di questa giovane donna, sorta di Jeff Buckley neo-classico al femminile, sempre alla continua ricerca del vocalizzo ad effetto, soprattutto "sofferto".
Sicuramente questa ragazza va tenuta sotto osservazione, in attesa del suo prossimo lavoro, viste le speranze che ci lascia "Bring Me The Workhouse", è lecito aspettarsi grandi cose, in parole povere: l'album della maturazione e della consacrazione. Basteranno alcune modifiche nella produzione finale, nella stesura del testo, e il gioco è fatto; con la speranza che l'ispirazione melodica non abbandoni le sue grazie e il suo giovane talento.
09/10/2006