Hallelujah The Hills

Collective Psychosis Begone

2007 (Misra)
alt-folk

Prendete il titolo di un misconosciuto cult-movie degli anni Sessanta. Usatelo per battezzare una band indie incline alla bassa fedeltà. Quindi rinchiudete gli Okkervil River in uno scantinato e costringeteli a suonare cover dei Pavement per tutta la notte: signore e signori, ecco a voi gli Hallelujah The Hills. Detto così, potrebbe sembrare solo il passatempo pseudo-intellettuale di qualche sfaccendato studente del college. E invece si tratta di una delle più vivaci realtà emerse quest’anno dal sottobosco del folk a stelle e strisce.
Fin dal primo giorno del corso di cinema alla Boston University, le immagini in bianco e nero della strana pellicola di un regista lituano trapiantato in America, Adolfas Mekas, sono rimaste impresse nell’immaginazione di Ryan Walsh: “Hallelujah The Hills”, surreale storia della fuga di due ragazzi tra le nevi del Vermont. “Sono due buffoni, ma sono anche ammirevoli nella loro devozione alla follia”, ricorda. E così, quando si è trattato di trovare un nome per intraprendere una nuova avventura musicale con l’amico Eric Meyer dopo lo scioglimento degli Stairs, la loro precedente band, la scelta è caduta proprio su quel film dal titolo stravagante, a metà strada tra esultanza e non-sense.

Un accenno di chitarra, un fremito di percussioni, il sorgere di un violino sull’orizzonte di una linea di basso; poi i primi raggi di luce si distendono sulla marcia pigra e solenne di “Sleeper Agent (Just Waking Up)”, che si muove in crescendo verso il nuovo giorno con un misto di impotenza e fiducia nei confronti della realtà. Non preoccupatevi se nella loro pagina di MySpace gli Hallelujah The Hills si presentano come un gruppo di “breakcore, black metal e pop giapponese”: la loro musica è una sorta di lo-fi sorridente e malinconico, in cui l’energia degli Elf Power indossa le vesti frugali dei primi Bright Eyes.
Lo si capisce subito dall’arpeggio insistito di “Wave Backwards To Massachusetts”, su cui il suono metallico della voce filtrata di Ryan Walsh si lancia in un’irresistibile pop song eelsiana. E a sciogliere ogni dubbio ci pensa l’anthem programmatico “Hallelujah The Hills”, dove le chitarre sposano tromba e violino con una trascinante irruenza degna dei Neutral Milk Hotel. “È la nostra fight song”, proclama orgogliosamente Walsh, proprio come se stesse parlando dell’inno della squadra di football del college. Salva la cheerleader, salva il mondo...

I versi di Walsh sono visioni frammentarie piene di ironia, istantanee di personaggi strampalati che flirtano con il gusto dell’assurdo: scienziati in pensione che si interrogano su quello che accadrà dopo l’ultimo battito del cuore, corpi rubati per innominabili esperimenti, stelle in declino che fuggono con analisti finanziari… Le canzoni di “Collective Psychosis Begone”, con i loro titoli improbabili e chilometrici, appartengono a quella che Walsh definisce la categoria dell’“avventura astratta”: “per me “Strawberry Fields Forever” e “Desolation Row” sono il re e la regina dell’avventura astratta. Le successive pretendenti al trono sono tutte le canzoni dei Silver Jews”, afferma deciso.
Non c’è da stupirsi, allora, che gli Hallelujah The Hills abbiano messo in musica persino i versi dello scrittore Johnathan Lethem, offrendo in download l’inedita “Monster Eyes” sul sito del Village Voice: le suggestioni letterarie e cinematografiche sono parte integrante della loro trama, in un patchwork sghembo come quello della copertina in perfetto stile Malkmus.

La danza ondeggiante di “The Trap”, con la sua alternanza di pieni e vuoti e con la tromba di Brian Rutledge ancora una volta al centro della scena, è uno di quei cori romantici e viscerali che piacerebbero a Will Sheff, mentre il breve bozzetto per pianoforte e chitarra di “Teenage Synesthete” sembra venire direttamente dalle pagine di “Get Lonely” dei Mountain Goats. I ragazzi di Boston si gettano a capofitto all’inseguimento dei Guided By Voices nelle accelerazioni del finale di “It’s All Been Downhill Since The Talkies Started To Sing” e nella cavalcata di “Slow Motion Records Broken At Break Neck Speeds”, che parte con un’eco di voci ubriache e si conclude con la più semplice ed indispensabile delle certezze: “everything’s crumbling and rotting away/ but I’m content to sit here and watch it all happen/ with you”.

Certo, “Collective Psychosis Begone” è pur sempre un disco d’esordio, e come tale sconta i suoi inevitabili momenti di incertezza e cedimento. Ma non c’è da temere, perché gli Hallelujah The Hills hanno già promesso di incidere almeno altri 33 album prima di separarsi… La loro capacità di coniugare senso del gioco ed intensità espressiva sembra la migliore delle premesse. “Il rock ‘n’ roll è una cosa imbarazzante, ma penso anche che ci sia un irresistibile contraltare nel modo in cui, attraverso quell’imbarazzo, una quantità di altri tipi di gioie e di rivelazioni si mostrano”. Ebbene sì, l’eredità degli anni Novanta non è andata perduta. Hallelujah.

12/10/2007

Tracklist

1. Sleeper Agent (Just Waking Up)
2. Wave Backwards To Massachusetts
3. Hallelujah The Hills
4. The House Is All Lit Up
5. Raise The Flag Of Your Sibling’s Favorite Daydream
6. (the crux of the camera man)
7. Slow Motion Records Broken At Break Neck Speeds
8. Effie’s On The Other Side
9. The Trap
10. Teenage Synesthete
11. It’s All Been Downhill Since The Talkies Started To Sing
12. To All My Scientist Colleagues I Bid You Farewell

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