Detto questo, "2" resta comunque un ascolto necessario per quanti sono interessati alle sonorità più sperimentali e oblique, tenuto anche conto del fatto che un lavoro di transizione è molto spesso indispensabile per lasciare che le proprie idee prendano la giusta direzione, evolvendosi con naturalezza e senza cadere nel tranello della semplice, stantia riproposizione.
L'inizio è disorientante: "Game" lavora per dieci minuti nel buio, penetrando in un mondo sotterraneo, scandagliandone i recessi più reconditi con zoomate vertiginose sui particolari e le sfumature più inafferrabili. Anche "Theme" parte da lontano, tirando fuori dal fango della dissoluzione un battito cupo e sinistro, su cui si sparge, poco alla volta, il clamore celestiale di un drone che si abbandona a venti minuti e più di dilatazione circolare, con aumento progressivo dell’intensità.
La distorsione malsana della chitarra domina la scena in "Abbattoir", come il frastuono di una motosega distante, velata dal marciume dei ricordi; come in un incubo black-metal di proporzioni metafisiche (vedi alla voce Burzum) che combatte con un inconscio di frequenze bassissime e ultraterrene. Non è un caso che i due musicisti si facciano fotografare spesso, al crepuscolo, sullo sfondo di una foresta: la loro è, infatti, musica che sembra provenire da un mondo lontano; non da un'alterità metafisica: semplicemente, da una prossimità sconosciuta, nascosta da un velo di apparenza, così come la boscaglia tiene lontani gli sguardi dai micro-universi che pullulano oltre la facciata del dormiveglia vegetale.
Con "Snow 2", si chiude (non solo idealmente) il cerchio: con tetra rassegnazione, si scivola nell'oblio, per la via di un ambient scurissima e mortifera che ben accompagnerebbe le nostre notti più inquiete, anche se, nel congedarsi, sembrerebbe quasi tentare gli dei con un impalpabile, quanto indistinto vacillare melodico.
(31/05/2007)