L'inesauribile O' Malley torna, col compagno di merende Pita, a tracciare le inquietanti maglie del discorso KTL. E lo fa con un secondo capitolo, ancora una volta, misterioso e affascinante, nerissimo e monolitico, in cui il rapporto artistico tra i due appare consolidato e ampiamente maturo, anche se i frutti non sono così convincenti come quelli della passata stagione. Seppur intensi, i brani (è il caso soprattutto di "Theme" e "Abbattoir") presentano, infatti, lungaggini evitabilissime, anche tenuto conto che già nel precedente lavoro il duo si era mantenuto miracolosamente in bilico sul baratro di questa pericolosa inconvenienza.
Detto questo, "2" resta comunque un ascolto necessario per quanti sono interessati alle sonorità più sperimentali e oblique, tenuto anche conto del fatto che un lavoro di transizione è molto spesso indispensabile per lasciare che le proprie idee prendano la giusta direzione, evolvendosi con naturalezza e senza cadere nel tranello della semplice, stantia riproposizione.
L'inizio è disorientante: "Game" lavora per dieci minuti nel buio, penetrando in un mondo sotterraneo, scandagliandone i recessi più reconditi con zoomate vertiginose sui particolari e le sfumature più inafferrabili. Anche "Theme" parte da lontano, tirando fuori dal fango della dissoluzione un battito cupo e sinistro, su cui si sparge, poco alla volta, il clamore celestiale di un drone che si abbandona a venti minuti e più di dilatazione circolare, con aumento progressivo dell’intensità.
La distorsione malsana della chitarra domina la scena in "Abbattoir", come il frastuono di una motosega distante, velata dal marciume dei ricordi; come in un incubo black-metal di proporzioni metafisiche (vedi alla voce Burzum) che combatte con un inconscio di frequenze bassissime e ultraterrene. Non è un caso che i due musicisti si facciano fotografare spesso, al crepuscolo, sullo sfondo di una foresta: la loro è, infatti, musica che sembra provenire da un mondo lontano; non da un'alterità metafisica: semplicemente, da una prossimità sconosciuta, nascosta da un velo di apparenza, così come la boscaglia tiene lontani gli sguardi dai micro-universi che pullulano oltre la facciata del dormiveglia vegetale.
Con "Snow 2", si chiude (non solo idealmente) il cerchio: con tetra rassegnazione, si scivola nell'oblio, per la via di un ambient scurissima e mortifera che ben accompagnerebbe le nostre notti più inquiete, anche se, nel congedarsi, sembrerebbe quasi tentare gli dei con un impalpabile, quanto indistinto vacillare melodico.
31/05/2007