Non è un compito semplice il mio. Quando devo scrivere di un disco che trovo assai meritevole, il mio obiettivo primario è convincervi ad ascoltarlo. Facile incuriosire con i tizi sconosciuti che fanno freak-post-art o col nome traboccante intellettual-hype. Spingervi a realizzare che sia figo il nono disco di una band di dinosauri che ha toccato il suo apice venti anni fa (tanto dista "California") è un filo più complicato. Specie se questo nono disco è frutto di una (seconda) reunion (il primo tentativo è datato 2004).
Gli American Music Club non hanno mai avuto un suono alla moda. Certo, ci stavano da dio nell'esplosione della musica indipendente a inizio anni Novanta, ma cosa ci si può aspettare oggi da loro? Il pop-rock cui approdano Eitzel e soci in questo "The Golden Age" si può infatti ben definire senile. Eppure, anche se meno fascinoso di altri, è il rivestimento di un sigor disco, a tratti fantastico. Il lato vincente della band è sempre stata la melodia. Capace di incartarsi, sussurrata, di prendere vie atipiche. Eitzel ha un potere: quando canta ti prende il cuore fra le mani.
La splendida "The Decibels and the Little Pills", assolo finale a parte, non ha molto altro che il tono ("No one here it's gonna save you"): ma la linearità non fa certo sparire lo shock emotivo. "All My Love", un unico arpeggio reiterato sino al crescendo vocale, è una carezza degna del repertorio migliore.
Il disco fa poco per cambiare atmosfera. La gotica "The Stars", con inciso distorto; tastiere e spruzzi di fiati nel (non poi così) vago ciondolare soul di "All The Lost Souls Welcome You To San Francisco"; lo stornellare folk di "I Know That's Not Really You": tutte sfumature di un solo sentimento principe. L'animo è palese in composizioni dilungate e pregne di emotività come "The Windows Of The World", dove messaggio e messaggero si fondono in un unico indistinto, e anche il gradire resta vittima di un crogliolarsi; o come la deliziosa "The Sleeping Beauty".
Eitzel intona un canto nostalgico, fraterno, sincero, nudo ("Who You Are"); questo qualsiasi sia la formula espressiva usata: tanto basta a rendere "The Golden Age" un bel disco, a esaltarne i momenti migliori e mettere in secondo piano le fisiologiche ammaccature degli anni. Ora bisogna solo vedere se basta anche a voi.
P.S. Gli American Music Club saranno a Torino l'11 marzo (allo Spazio 211) per l'unica data italiana del loro tour.
07/03/2008