La deludente raccolta “Vain, Erudite And Stupid” del 2006 sembrava confermare l’ormai evidente calo di ispirazione che aveva contraddistinto episodi come “New Electric Music” e “The Damned”, andando a chiudere definitivamente il percorso di una delle più grandi band degli ultimi 20 anni. Ma come dire, nel rock come nella vita nulla è irreversibile finché ce n’è (di soffio vitale).
Allora non ha stupito più di tanto il ritorno a buonissimi livelli con “Future Artists” dell’anno passato, ne deve sorprendere quest’eccellente “Secret Earth”, che completa la catarsi e s’impone senza mezzi termini come uno dei migliori album in assoluto della formazione neozelandese.
Abbandonata l’elettronichetta cacofonica da quarta elementare di “Future Artists”, in questo lavoro i Dead C tornano a fare i Dead C così come li abbiamo conosciuti in “Tusk“ e “Harsh 70s Reality”, e costruiscono un disco di noise-rock scorticato e dissonante come Dio comanda.
I quattro pezzi in scaletta sono quattro capolavori e quattro lamenti funebri, tra l’altro molto simili tra loro in quanto a sintassi. Così sotto la consueta patina di plumbea fuliggine lo-fi, le melodie - sì, ci sono, e più limpide che in altri lavori - danno compiutezza al suono, mentre tutt’intorno si sfaldano e si ricompongono droni, sferragliano furiose le chitarre senza alcun rispetto per l’armonia, mentre il canto accompagna come il lamento di un moribondo.
Insomma, i soliti Dead C, ma qui a fuoco come poche altre volte in precedenza.
”Waves” è un bulldozer di progressioni chitarristiche dissonanti, “Stations” si trascina per oltre 16 minuti tra clangori da sfasciacarrozze di periferia e sfiancanti stop and go ritmici, mentre l’iniziale “Mansion” è la più melodica del lotto, pur con un battito tellurico che sembra provenire dal centro della terra.
Il capolavoro dei capolavori è però “Plains”. Free-form e dall’incedere incerto, il pezzo si (s)compone di suoni che faticano a tenersi in un unicum coerente, che sembrano fuoriuscire da tutte le parti, quasi a deturpare un’ipotesi di struttura che faticosamente pare volersi formare sottotraccia. Un buco nero di materia radioattiva e putrescente.
Ma poi a che serve descrivere più di tanto i pezzi? Se i Dead C fanno i Dead C, come in questo caso, uno sa esattamente cosa aspettarsi.
E’ bello constatare che dopo 20 anni loro ci sono ancora, come se nulla fosse cambiato. Grandissimi.
29/10/2008