Ettore Giuradei è un cantautore bresciano classe '81, co-fondatore dell'etichetta indipendente Mizar. "Era che così" è il suo secondo disco, successore di "Panciastorie", uscito a nome Ettore Giuradei & Malacompagine nel 2006, e vincitore del "Premio Nuova Canzone d'Autore" al M.E.I.
Di quella formazione è rimasto solo il pianoforte del fratello Marco, che è anche lo strumento principe delle nuove canzoni. A Giuradei l'etichetta "cantautore" calza a pennello: tanto De André nei suoi brani, ma anche De Gregori e Capossela. Passato e presente che si mescolano con cucchiaiate di ironia e un velo di Balcani, fra buona e cattiva sorte.
I giri di piano conducono la storia del bimbo morto di "Prendimi in un mazzo di fiorellini" e, assieme a tocchi di poesia, ne leniscono l'aria. Le note incerte sono i momenti più irruenti, che fanno il paio con quelli della intro, breve tensione a tinte noir (bene invece l'outro e il suo violino). La viniciana "Stupito" vince la lotta con il senso di deja-vù grazie a un gran testo ("Stupito, ti chiedo cosa non capisci, anzi pensi che quello che dico non è che lo dico perché voglio dirlo, ma perché devo parlar. E allora sto zitto, mi faccio da parte; e allora tu pensi che faccio un po' il figo, l'intellettuale: non voglio parlare perché non mi va") e al guizzo melodico dell'inciso.
E' questo il maggiore talento di Giuradei: trovare le chiavi di volta di brani che, per quanto ben costruiti, altrimenti non sarebbero vincenti. E' il caso di "Un attimo prima di dormire" e di "Guardami" ("chissà se mi serve, chissà se si dà ad un sogno sporco, a qualcosa in più, ad una mano calda").
In linea di massima, il sestetto è affiatato ed esegue bene, si fa notare senza coprire; e guarda caso proprio la spoglia "Pasolini" (il cui testo è tratto da una poesia dello stesso Pier Paolo), per piano e voce, è fra i brani meno a fuoco dell'opera, assieme al divertissement "Culo sulla lavatrice".
Talento certo e bella voce sgraziata, Ettore Giuradei si mostra ancora a metà. Convincente nei momenti in cui si immerge in storie sghembe e dal pathos sincero ("La zingara"), gli occorre solamente sviluppare, o affermare, maggiormente la sua personalità rispetto a quella dei nobili punti di riferimento. Ad ogni modo da tener d'occhio: e magari da andare a vedere, se passa dalle vostre.
11/04/2008