A poco più di un anno da quel pastrocchio di “Amputechture”, tornano i Mars Volta.
Lo fanno ancora una volta con l’obiettivo di ritornare a destare attenzioni e applausi convinti da parte di un pubblico che dal folgorante esordio in poi è andato scemando nel numero e nella pazienza portata nei confronti del duo dal capello cotonato e l’occhiale da pseudo-intellettuale. In casa Universal le hanno provate tutte e ne stanno provando ancora altre: non si sa più come difendere quella che poteva essere una gallina dalle uova d’oro dal diffuso ludibrio che la sovrabbondanza di uscite – in particolare anche del chitarrista Omar Rodriguez – ha arrecato alla band ispano-texana. Così questa volta i Mars Volta scelgono di difendersi da soli, abbassando notevolmente il tiro e aggiustando la mira rispetto alle mirabolanti e traballanti ostentazioni delle recenti pubblicazioni, che a conti fatti non avevano emozionato neanche i fan di Dream Theater e Pain Of Salvation (se ne esistono ancora).
Lo mettiamo subito in chiaro: “The Bedlam In Goliath” è un album rispettabile. Oddio, magari non merita le copertine di riviste specializzate che di fatto non se la sono sentita di prendere una posizione concreta su di esso, tuttavia è indiscutibile che lo sfarzo sia contenuto e più funzionale al nocciolo delle canzoni. Se in “Frances The Mute” nonostante alcuni suoni à-la Carlos Santana di “Supernatural” e una spontaneità inferiore allo zero assoluto, il complesso costrutto di ritagli e sorta di improvvisazioni sembrava avere una sequenza tutto sommato fluida, il pignolo “Amputechture” sbatteva la testa da una parte all’altra dello spettro sonoro del gruppo, che come è ormai noto ai più cerca di abbracciare vari stili e influenze in una fusione ormai palesemente dichiarata al progressive.
Questo non accade in “The Bedlam In Goliath” che invece riporta Omar e la sua band su binari che non ci sentiamo di definire convenzionali, ma senza dubbio non più disgustomatici. Se vogliamo dirla tutta, Cedric Bixler Zavala si impegna a fondo per nauseare l’ascoltatore innocente coi suoi falsetti e acuti improvvisi, spesso filtrati con effetti da videogioco arcade dei primi anni Novanta. Quando le vertigini vocali si placano, c’è spazio per numeri di classe e buon gusto come il pregevole arrangiamento di “Soothsayer”, degno dei King Crimson più romantici: uno dei migliori momenti nella discografia del gruppo.
Come da copione è molta la carne disposta sul braciere; occorrono numerosi ascolti per iniziare a memorizzare strutture e melodie delle canzoni che tuttavia già a un primo impatto risultano di più facile fruizione. La parte più interessante del disco sembra il trittico conclusivo, in cui c’è anche un netto rallentamento dei tempi e quindi del tribalismo apportato dal nuovo batterista Thomas Pridgen, sostituto altrettanto animalesco del depennato Jon Theodore. Il talento del giovane sembra avvalersi fin troppo dell’utilizzo dei piatti ride/crash che inevitabilmente bruciano dei dettagli del ricco sottobosco sonoro, in particolare il produttivo lavoro al basso di Juan Alderete.
Il minutaggio dei pezzi è più contenuto del solito, ma non mancano le tanto amate occasioni per divagare sul tema: “Cavallettas” include anche un ormai neanche tanto sorprendente, viste le attitudini, flauto à-la Jethro Tull; “Metatron” sembra colpevole degli stessi errori commessi in “Amputechture”. Convince, invece, il ritmo ballabile al sapor latino di “Ilyena”, e soprattutto il solenne concludersi dell’iniziale “Aberinkula”.
“The Bedlam In Goliath” segnala i Mars Volta come una band ancora viva nel 2008, eppure sembra mancare qualcosa. Forse il grande assente è proprio quell’effetto sorpresa che sconvolse in positivo o in negativo chi tentò il primo approccio alla loro musica. Paradossalmente da album del rilancio, il nuovo della ditta Omar&Cedric potrebbe trasformarsi in quello che segna la fine dei sogni rivoluzionari del duo. Ormai sappiamo tutti cosa aspettarci da loro e così come difficilmente conquisteranno schiere di nuovi fan, altrettanto difficilmente “The Bedlam In Goliath” sconfesserà chi finora li aveva applauditi sempre e comunque.
N.B.: nello scrivere questa recensione abbiamo preferito non tener conto dell’ormai consueta storiella pseudo-esoterica di contorno che fonti vicine alla band o direttamente i Mars Volta raccontano sull’ispirazione che ha portato al parto del disco.
18/01/2008