Nembrot

Nembrot

2009 (Officine Frog)
noise, psichedelia, avant-rock

Il rumore come colonna ideale della vita post-moderna. Perché, come scriveva Witkiewicz, “il rumore è una cosa grande, il rumore assorda, acceca, annienta la volontà, crea una vera follia dionisiaca in una dimensione astratta, ultraterrena, eppure è, in senso reale, e non solo come una astratta promessa”.

Creature fragili si aggirano tra i meandri di questi suoni non-suoni che i Nembrot (da Saviano, Napoli) erigono come muraglie di nebbie asfissianti, ricercando un senso a questa vita errabonda e senza scopo apparente.

Attivo dal 2001, il trio (che ho avuto il piacere di ascoltare per la prima volta dal vivo durante le finali di Campania Wave) costituito da Pasquale “pAko-P” Pierno (chitarre, lamiere e interpretazioni), Gregorio Cassataro (chitarre ed elementi sonori) e Carmine Morelli (batteria e percussioni “nembrotiche”) inscena con questo omonimo lavoro (rilasciato dalla netlabel napoletana Officine Frog, dal cui sito potete, gratuitamente, scaricare il disco) un rituale di purificazione in cui il coraggio delle scelte soniche va di pari passo con la forza di un’ideologia neo-romantica che vorrebbe scavare nuovi solchi nell’anima, sperando che il corpo vacilli ancora, che la mente rabbrividisca e che il cuore ricominci a battere per davvero.

E’ una musica “insana”, lavorata nell’alveo di tensioni oscure, tra Einsturzende Neubauten e Pink Floyd (quelli più esoterici), marziale quanto basta per dichiarare guerra al mondo che prosegue cieco e inebetito (“Insano”), ma, soprattutto, malefica e visionaria, come dimostra il “commovente” incubo psiconalitico di “La refurtiva del Vile”.

Frutto di un equilibrio ben dominato tra improvvisazione e strutturazione, questo è un suono che necessiterebbe, forse, di una cura maggiore per i dettagli, ma che, nondimeno, sa ben delineare i (labili?) confini che separano la fisicità più spinta di certo rumorismo rock dalla accecante frenesia avanguardista del free-noise (" ").

Le tre parti di “Claustrofobia” gettano un ponte tra i soundscape post-atomici tanto cari alla generazione “industriale”, le minimali dinamiche kraute (Can è il nome…) e i cunicoli sterminati in cui un vento siderale annuncia, malinconicamente, l’avvento dell’ultimo, disperato richiamo divino.

Un viaggio, quello dei Nembrot, che, a conti fatti, può dirsi tutto introspettivo, giocato sui chiaroscuri di un mondo interiore che non è mimesi del reale, quanto, piuttosto, sua trasfigurazione emozionale, non priva, tra l’altro, di velleità “redenzionali”. La furibonda progressione e il delirante, incendiario caos di “Incondizionata resa” non sono, infatti, il simbolo della capitolazione. Non possono esserlo, visto che la band ha il dovere morale di non fermarsi, perché il talento non si spreca…

25/01/2009

Tracklist

1. Insano
2. La refurtiva del vile
3.
4. Claustrofobia, pt. 1
5. Claustrofobia, pt. 2
6. Claustrofobia, pt. 3
7. Incondizionata resa

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