Agalloch

Marrow Of The Spirit

2010 (Profound Lore)
atmospheric black-metal, folk-metal, post-metal

Superata la parentesi pastorale di “The White Ep”, gli Agalloch tornano alla furia e all’enfasi del passato, delineando in questo “Marrow Of The Spirit” un affresco dalle proporzioni epiche.
Con la componente black-metal in bell’evidenza, il quarto capitolo ufficiale della saga del quartetto di Portland (Oregon) è probabilmente il loro momento più aggressivo, pur se non mancano i soliti elementi riconducibili al dark-folk e al post-rock. Il nuovo batterista Aesop Dekker è già a suo agio, pulsante e preciso, mai sopra le righe nel seguire le evoluzioni dei suoi tre sodali e, di sicuro, abile nel rimarcare la pesantezza (anche metaforica) di questi sei pannelli.

Eppure, tutto parte in sordina, con il paesaggio idilliaco (cinguettii di uccelli e scrosciare d'acqua) di “They Escaped The Weight Of Darkness”, la cui mestizia è amplificata dal risuonare desolato del violoncello di Jackie Perez Gratz. Desolazione che, in ogni caso, rappresenta l’essenza di tutto il disco, nonostante le stilettate di furore tentino di mascherarla, come succede, nell’immediato, in “Into the Painted Grey”, con vorticose fughe black (rese ancora più arcigne dallo scream di John Haughm) e qualche sparuta radura cristallina.

Questo connubio di potenza e di abbandono - lo sappiamo - è ciò che, essenzialmente, rende evocativa la loro musica; e la scheletrica rassegnazione di “To Drown”, con ruvide sollecitazioni orientaleggianti in coda, è il limite ultimo di questo connubio-dissidio. Di certo, si tratta di una caratteristica che può benissimo incorrere in qualche complicazione, per esempio quando il giochino viene ripetuto senza molta fantasia e in un formato più digeribile (“Ghosts Of The Midwinter Fires”, per dire). Meglio – ma senza esagerare - quando le fluttuazioni dirompenti e le dinamiche progressive di “The Watcher's Monolith” rendono ancora più intellegibile l’umore esistenziale di questo sound.

Una band che sa il fatto suo (ma su questo non c'erano dubbi!), ma che, comunque, questa volta non riesce a farsi apprezzare più di tanto. Comunque sia, “Black Lake Nidstång” finisce direttamente tra i brani migliori dell'anno, col suo crescendo lento e disperato che muta in un magniloquente scorcio spaziale altezza Alan Parsons Project.
Per il resto, un disco sicuramente piacevole da ascoltare, con qualche momento davvero riuscito, ma a mio avviso inferiore ai suoi tre predecessori.

17/11/2010

Tracklist

1. They Escaped The Weight Of Darkness
2. Into The Painted Grey
3. The Watcher's Monolith
4. Black Lake Nidstång
5. Ghosts Of The Midwinter Fires
6. To Drown

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