In tempi in cui i dischi non si vendono pių nemmeno a regalarli dovrebbe esserci sempre una ragione speciale per giustificare l'uscita di un album dal vivo. Una lunga carriera da celebrare, un tour insolito, arrangiamenti completamente rinnovati, qualcosa del genere. I costi di produzione sono pių bassi della norma, č vero, ma non c'č niente da fare: chi compra, se non č un patito, di fronte al live storce la bocca. Quindi, di prima impressione, verrebbe proprio da domandarsi perché mai uno come Paolo Benvegnų lo scorso anno abbia dovuto tirar fuori questo "Dissolution", fatto di sedici pezzi estrapolati dal concerto tenuto nel dicembre 2009 al Circolo degli Artisti di Roma. Perō nella vita non bisogna mai fermarsi alle prime impressioni, č risaputo. Quando si tratta di musica, poi. Per esempio basta ascoltarlo, "Dissolution". Una solta volta, mica di pių. La ragione la reca in sé: č un gran disco. Perō c'č dell'altro. Vediamo cosa.
La prima e principale obiezione che si potrebbe fare a Benvegnų č immediata. Dopo appena due album da studio che bisogno c'era di fare un live? In effetti il cantautore lombardo non č esattamente un tipo prolifico. Perlomeno da quando si sono sciolti gli Scisma, ormai pių di dieci anni fa. Da solista Benvegnų ha realizzato solo due dischi, appunto, "Piccoli fragilissimi film" (2004) e "Le labbra" (2008), peraltro eccellenti. Ventidue canzoni in tutto, davvero poca roba per farne qualcosa di simile a un best of dal vivo. E infatti "Dissolution" non č un best of. L'impressione č che dietro ci sia nient'altro che la voglia di fotografare un momento di forma smagliante, una sorta di stato di grazia, di cui Benvegnų deve essere pių che consapevole. D'altronde chi lo ha visto e ascoltato in concerto negli ultimi anni non faticherā ad ammettere che in Italia č impresa ardua trovare delle band in grado di suonare come fanno i suoi. Con o senza la schiera di fiati e archi che arricchivano il passaggio al Circolo. Fortunati, poi, sono coloro a cui č capitato di imbattersi nel progetto Proiettili Buoni, ovvero Benvegnų insieme a quell'altro talento puro e sgangherato che č Marco Parente. Roba di gran classe. Da fuoriclasse, quasi. Ed č forse vero che i sondaggi di solito lasciano il tempo che trovano, ma non appare un caso che secondo quello indetto dal Mei per scegliere l'artista indie del 2010 il preferito dai migliaia che hanno voluto dire la propria sia risultato proprio Benvegnų.
Insomma, "Dissolution" č Paolo Benvegnų per come sa esprimere se stesso e la sua opera sul palco oggi. La scaletta, tutto sommato, non conta nemmeno troppo. Ci sono giusto un paio di elementi da sottolineare, tipo i due pezzi degli Scisma ("Č stupido" e "Rosemary Plexiglass") e la comparsata di lusso di Manuel Agnelli al piano (proprio su "Rosemary Plexiglass"). E tipo, ovviamente, la formidabile cover di "Who By Fire" di sua maestā Leonard Cohen, chiusura raffinata, perfetta. Mentre inevitabile č la scelta di aprire con "Io e il mio amore", una delle gemme di "Il Paese č reale", raccolta della meglio musica indipendente italiana lanciata a inizio 2009 da Agnelli e i suoi Afterhours.
Infine,
c'č un motivo per cui di "Dissolution" giungiamo a parlare a distanza di
qualche mese dalla sua uscita. A metā febbraio, infatti, č in arrivo il terzo
capitolo della carriera solista di Benvegnų, titolo "Hermann". Il primo di un
nuovo ciclo, dice lui. Alte aspettative, non c'č che dire.
(17/01/2011)