Estremamente prolifico come d'abitudine, James Leyland Kirby infittisce il calendario delle sue uscite nell'anno in corso, dando seguito al ritorno del progetto The Caretaker con una nuova pubblicazione sotto il suo nome di battesimo.
La frammentazione della sua sterminata discografia tra vari alias non risponde a un semplice vezzo onomastico, costituendo bensì uno tra gli elementi discretivi circa gli indirizzi di volta in volta seguiti dal vulcanico artista inglese.
In particolare nei dischi contrassegnati dal suo nome si possono infatti desumere componenti assai personali, in linea di massima, votate a uno spiccato romanticismo elettronico-neoclassico. Parziale eccezione hanno fatto i recentissimi due volumi di materiale raccolto sotto il titolo di "Intrigue & Stuff" (improntati a più marcate linee ritmiche e sintetiche), mentre il nuovo album "Eager To Tear Apart The Stars" si pone in linea di sostanziale continuità con il monumentale "Sadly, The Future Is No Longer What It Was".
A differenza di quel capolavoro mozzafiato, la nuova opera riassume in poco più di quaranta minuti l'abituale messe di suoni e ricordi che rendono le composizioni di Kirby estremamente riconoscibili nello sterminato ambito delle attuali produzioni ambient-drone.
L'intersezione di piani tra texture avvolgenti e note di pianoforte, che risuonano nel misterioso vuoto nel quale le connessioni nervose generano memorie ed emozion,i viene riproposta da Kirby in brani ancora una volta evocativi e fortemente caratterizzati da una pervicace ricerca di sfumature ogni volta diverse. Attraverso tali cardini della sua musica, in "Eager To Tear Apart The Stars" Kirby concentra infatti una pluralità di suggestioni, in rapida trasformazione dal piccolo teatro degli orrori creato dal piano angoscioso dell'iniziale "The Arrow Of Time" alle visioni celestiali del paradiso perduto di "This Is The Story Of Paradise Lost"; dalla solennità dei novanta secondi scarsi di "To Reject The World" agli squarci di luce che penetrano attraverso le brume sintetiche e i drone lievemente distorti di "No Longer Distance Than Death".
Nei soli due brani conclusivi Kirby torna a concedersi una certa ampiezza espressiva, superando in entrambi la soglia dei dieci minuti, prima nell'ondulata modulazione di brevi loop dubbeggianti di "They Are All Dead, There Are No Skip At All" e infine nella composizione di gran lunga più emozionale del lotto, quella "My Dream Contained A Star" le cui cadenze pianistiche esplorano corde nascoste, materializzando una piéce di romanticismo ambientale, interrotto brevemente soltanto da un sinistro sibilo d'archi a un terzo della sua durata. Sono passaggi come questo autentico gioiello a rendere la maestria di Kirby nel delineare scenari onirici e palpitanti, fermando il tempo tra note e modulazioni come solo i grandissimi compositori ambientali hanno saputo fare.
Benché priva della maestosità di "Sadly, The Future Is No Longer What It Was", anche questa nuova fatica dell'enigmatico artista inglese merita di essere scoperta e assorbita; alla fine del breve viaggio, ancora una volta il prezzo del biglietto sarà ampiamente ripagato.
27/10/2011