Di nuovo tra noi, con la sua gothic-americana, Evan Caminiti prosegue l'indagine del mistero che si nasconde dietro i paesaggi della sua terra, attraversando con il cuore, più che con la mente, landscapes infiniti solcati da un profondissimo senso di smarrimento, unito, però, a un impeto devozionale tanto intimo quanto magnetico.
Le praterie, i deserti, i fiumi, le montagne, le case abbandonate e quelle in cui ci si nasconde per sfuggire all'ombra delle proprie paure... Pulsazioni sommesse, note-cristallo che aleggiano nei dintorni dell'anima ("Returning Spirits", "Red Sun Blues"), Klaus Schulze che vaga senza meta dentro nebbie crepuscolari ("A Memory Or A Mirage", "Last Blue Moments"), Roy Montgomery al tuo fianco mentre l'auto si inabissa dentro la notte ("The River"), serenate per la faccia pallida della luna ("Moon Is The Hunter").
Caminiti riesce con pochissime pennellate (il momento più emblematico, a tal proposito, è "Slow Fade Of Stars") a imbastire partiture in cui l'evanescenza della materia sonora si sposa con un lirismo vibrante capace di toccare le corde giusto. "Night Dust" riesce, così, a staccarsi dai lavori precedenti grazie a un'ispirazione mediamente più consistente.
Alla fine, in "First Light II" sembra di ascoltare un vecchio giradischi riprodurre una dolente e dolcissima invocazione al silenzio. Un modo emblematico per incorniciare l'opera.
31/05/2012