Se c'è un autore che ha sfiorato il successo e se lo è visto sfuggire sotto il naso, non per propri demeriti, è Filippo Gatti. Negli anni Novanta, infatti, l'artista fu il bassista e cantante degli Elettrojoyce, straordinaria formazione romana che sapeva unire il post-punk sanguigno e viscerale dei Joy Division con testi ispirati alla migliore scuola italiana, che partiva da Paolo Conte per arrivare a Fossati. Il non degno supporto della major Epic-Sony, che volle il gruppo con sé dopo il folgorante esordio autoprodotto e omonimo, portò a scarsi riscontri commerciali, con susseguenti dissidi interni fino all'inevitabile scioglimento, non senza qualche rancore, seppur i lavori registrati mantengano ancora intatta la qualità ("Elettrojoyce II", "Illumina").
Con il nuovo millennio, la scissione ha condotto tre membri della formazione (Andrea Salvati, Stefano Romiti, Fabrizio D'Armini) a formare gli E42, mentre Filippo Gatti ha intrapreso una carriera solista avara a livello discografico, ma molto intensa a livello sia di composizioni sia di set dal vivo, senza dimenticare collaborazioni importanti (con, tra gli altri, Riccardo Sinigallia, Bobo Rondelli, Marina Rei, Collettivo Angelo Mai, Bruno Lauzi, Banco Del Mutuo Soccorso).
"Tutto sta per cambiare" del 2003 è stato il suo bell'esordio, intenso quanto poco compreso e, soprattutto, scarsamente promosso. Insomma, un'ulteriore delusione che però non ha scalfito l'ispirazione di Gatti.
Proprio come fa pensare il suo cognome, il musicista romano ha più di una vita artistica. Ed eccolo tornare con un altro convincente lavoro pubblicato da una giovane quanto entusiasta etichetta quale la Sunny Bit, gestita da persone esperte e con un passato importante nel settore discografico.
Stabilitosi ormai da qualche anno in Maremma, Filippo Gatti mette dentro il nuovo "Il pilota e la cameriera" tutta l'esperienza acquisita nel tempo, ma anche una visione diversa della vita e del music business. Intanto il disco si fa lodare perché è composto da otto tracce di medio minutaggio, proprio come era prassi all'epoca del vinile, facendo così gustare al massimo ciascuna composizione senza che ci si perda tra brani riempitivi, sottotono e che spesso allungano la durata dell'opera distogliendo l'attenzione.
L'apertura "Country Song" è un omaggio al folk statunitense di Dylan, rivisitato con gusto tutto italiano. A seguire si presenta il pop-rock più sostenuto di "Tutti mi vogliono quando va bene", titolo esplicativo che evidenzia come in tanti amino saltare sul carro del vincitore quando serve, salvo poi abbandonarlo quando il personaggio perde appeal.
Il tema dell'amore non manca. O, meglio, sarebbe ideale non cadere nuovamente vittima di questo sentimento, ma Gatti sa benissimo che è impossibile, e ben lo rappresenta nella title track. Si diceva poi quanto abbia influito nella sua "educazione sentimentale" il cantautorato tricolore del tempo che fu e in "Lettera del cantautore ai Presidenti del Consiglio" fa capolino il Venditti più arrabbiato e graffiante.
Anche la politica suscita emozioni, soprattutto quelle più amare, e "Non sei nessuno" esprime tale rancore con un suono rock più ipnotico e teso, che si distingue anche per il memorabile ritornello "I presidenti dormono, si sentono al sicuro/ secondo le statistiche non c'è futuro".
È veramente un piacere ascoltare un album come questo, un lavoro che fa bene alla musica rock, al pop e al cantautorato italiano tutto.
31/08/2012