King Tuff

King Tuff

2012 (Sub Pop) | garage-pop

"Ma dai... veramente... non l'hai ascoltato... non è possibile! Guarda che ti piacerà un casino... è troppo forte, non puoi fartelo mancare, io quest'estate non riuscivo a toglierlo dal lettore Mp3". Lo salutai in fretta dopo aver ascoltato il suo rimprovero, in verità quello che mi turbava era il fatto che l'oggetto della discussione giaceva tra una pila di cd che mi guardavano disperati nell'angolo del mio stereo-mobile chiedendo un minuto d'attenzione. Ora ero però consapevole che qualcosa di buono si nascondeva dietro una custodia in cartone e un disco apparentemente innocuo.

La prima ricerca su internet la indirizzai sul nome di Kyle Thomas per scoprire nel suo passato una partecipazione al progetto stoner-metal di J. Mascis denominato Witch, ma la mia memoria associava il suo nome a un'altra band della scuderia Sub Pop, quegli Happy Birthday autori di un album gradevole che univa l'energia del grunge al glam e ai Flamin' Groovies.

Le prime note di "King Tuff" già provocavano in me orrore, ovviamente per aver trascurato una fonte così ricca di piacere, eppure i due album del 2006 e del 2008, nonostante una limitata distribuzione (cento copie il primo e una prima tiratura di 650 il secondo) erano diventati oggetto di culto tra gli estimatori del pop-rock-garage.
L'approccio è istantaneo, con accordi di chitarra indiavolati e travolgenti che destabilizzano il concetto di power-pop. "Anthem" indica subito le coordinate di un album privo di noia: glam, beat, rockabilly, psichedelia pop, accenni di bubblegum-music, testi irriverenti e tanto sano rock'n'roll, tutto filtrato dalla logica indie e lo-fi della nuova musica americana.
Questo è un album che ripristina la verità storica, riportando tutto al padre fondatore del rock'n'roll, ovvero Chuck Berry; canzoni brillanti, chitarre dal discreto vigore armonico, e un senso del ritmo naturale che solo l'era punk aveva ripristinato dopo anni di musica colta. "King Tuff" è un disco viscerale, un lavoro che va vissuto on the road per essere amato e compreso.

I dodici brani non brillano per originalità, ma altresì non conoscono cedimenti e ripetizioni: "Alone & Stoned" possiede il riff più travolgente, con il suo intenso mix di heavy e glam, "Bad Thing" sceglie le strade più scorrevoli del garage-pop, mentre il funambolico psychobilly di "Stranger" suona ingenuamente irriverente.
Tutto scorre con leggerezza e gusto anche quando il gruppo indugia in morbidezze ruffiane, tra ballate che citano i T.Rex ("Unusual World"), romanticherie in chiave cosmic-psych ("Swamp Of Love") e affascinanti citazioni degli anni 60 ("Loser's Wall").

Il nuovo album di Kyle Thomas e dei King Tuff non è rivoluzionario o innovativo, quello che anima le canzoni sono gli elementi più noti e familiari del pop e del rock, ma è indiscutibilmente una sana boccata d'ossigeno in un panorama musicale privo di una direzione e di una dignità stilistica, una musica che recupera le sue origini per dare tutta la vitalità necessaria al risveglio di un pubblico condannato a una fruizione passiva e indolore.

(10/09/2012)

  • Tracklist
  1. Anthem
  2. Alone & Stoned
  3. Keep On Movin’
  4. Unusual World
  5. Bad Thing
  6. Loser’s Wall
  7. Stranger
  8. Baby Just Break
  9. Stupid Superstar
  10. Evergreen
  11. Swamp of Love
  12. Hit & Run
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