Two Moons

Colors

2012 (Autoprodotto)
post-punk, dark-wave

I Two Moons erano emersi nel 2009 come una delle realtà italiane più promettenti in ambito dark-wave. L'otimo Ep “The First Moon” doveva essere il preambolo di un atteso album di debutto, che si è fatto invece aspettare ben tre anni, durante i quali la band ha cambiato pelle in maniera progressiva.

Ci si dimentichi dei tappeti fluidi che parevano dover diventare il centro stilistico della loro musica: “Colors” è disco decisamente più improntato alle sonorità del rock, dove ritmo e pseudo-aggressività sovrastano con un pizzico di (minima) cattiveria l'atmosfera. Se il riferimento centrale dei “primi” Two Moons era l'oscuro mondo della dark-wave, la bussola del quartetto punta ora a un post-punk contagiato occasionalmente da orpelli industrial, evidenti nella violenza trattenuta di “In The City” e nei ruggiti elettronici di “Nothing”.

Ad aprire e chiudere le danze sono invece due episodi di pura post-wave, l'intrigante e sintetica “Stars” e le nostalgica e chitarristica “To Run”, che portano però il sound della band verso lande ben più comuni e già percorse rispetto a quelle della prima incarnazione - ben rappresentate dal passaggio à-la-Cure di “Automatic Smile”. Della stessa pasta di quest'ultima è anche “Labyrinth”, mentre i risultati migliori arrivano laddove le memorie vengono abbandonate in favore di un maggior coraggio: il sinuoso incedere della title track, il recital dark-punk in stile Bauhaus di “The Well” e la sinistra messa goth di “Moon That Watches Me” - pezzo migliore del lotto e unica concessione a un suono più simile al passato – mostrano il lato più personale di una band con tutte le capacità per divenire un punto di riferimento, almeno in Italia.

Se “Colors” fosse stato il disco d'esordio dei Two Moons, probabilmente oggi si starebbe parlando di band-rivelazione per una scena che in Italia è storicamente trascurata. A seguito di quanto emerso tre anni fa dall'eccellente primo Ep, è però impossibile non notare la tendenza di questo debutto sulla lunga distanza a scadere troppe volte in un (comunque ottimo) già sentito e in quei ricicli di stampo wave che sono oggi la base di gran parte dell'indie-rock (di cloni dei Joy Division se ne contano fin troppi). Laddove questo non accade, riemerge il profilo di una band che possiede talento e personalità in gran quantità, ma alla quale pare mancare ancora quel filo di coraggio necessario per il salto nell'olimpo. Che nulla vieta possa già avvenire in un prossimo lavoro. Attesi al varco.

11/10/2012

Tracklist

  1. Stars
  2. In The City
  3. Labyrinth
  4. Colors
  5. Moon That Watches Me
  6. Automatic Smile
  7. Nothing
  8. The Well
  9. To Run

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