Sono numerose e differenti le band che, a nostra memoria, hanno esordito con uno stile personale e ricercato, per poi arrivare, nel giro di qualche album, alla classica “svolta pop”, con l’intenzione - più che legittima - di raggiungere un pubblico più ampio e, perché no, scalare le classifiche di vendita. Killers e Kings Of Leon potrebbero essere due buoni esempi di quello che si diceva poco sopra, entrambi accomunati dal fallimento degli ultimi lavori in studio.
Fortunatamente i Cold War Kids, nel completare la svolta che li vede ormai sintonizzati sulle sonorità pop-rock che tanto avevano stupito nel precedente “Mine Is Yours”, riescono a evitare la sorte dei loro predecessori, mantenendosi su un discreto livello qualitativo generale. La band californiana si avvale della collaborazione di Dan Gallucci (Modest Mouse), che ha sostituito alla chitarra l’ex-membro Jonnie Russell e co-prodotto il disco assieme a Lars Stalfors, già produttore dei lavori di Matt & Kim e Mars Volta.
La partenza è di quelle lanciate: la vigorosa “Miracle Mile”, primo singolo scelto, è un pezzo power-pop incisivo, anche se l’intro al piano richiama, forse troppo, “Dogs Day Are Over” di Florence and The Machine. Al contrario, il secondo brano “Lost That Easy”, risulta fin troppo privo di mordente, per quella che vorrebbe essere, ironia della sorte, un’esortazione a non arrendersi facilmente; questa altalena sonora si ripeterà più volte nel corso dell’album, provocando una certa difficoltà nel calarsi all’interno della dimensione del disco.
Così dalle sonorità pop di “Loner Phase” e “Bottled Affection”, dove non mancano tutti gli elementi fondamentali della pop music odierna, dai synth alla drum machine, dai chorus ad effetto all’handclapping tempista, si passerà alle ballate più (la Lennon-iana “Tuxedos”) o meno (“Fear & Trembling”) riuscite di stampo blues. Paradossalmente, sono proprio gli elementi nuovi a convincere maggiormente (vedi il bel crescendo di “Jailbirds”), mentre deludono ampiamente i rimandi agli ormai lontani esordi.
“Dear Miss Lonelyhearts” è un disco riuscito solo a metà, confusionario e irregolare, ma con buoni spunti, impreziosito come sempre dalla voce di Nathan Willett, incisiva e graffiante. L’impressione è che i Cold War Kids siano rimasti sospesi fra il desiderio (dichiarato) di aprirsi a nuove opportunità e la voglia di non scontentare i vecchi fan; il risultato alla fine è apprezzabile, ma più nei singoli episodi che nella sua complessità.
17/04/2013