Ammettiamolo. Ci siamo sempre immaginati una costanza sulfurea e salmodiale, pagana e ancestrale, per un'etichetta come la Glitterhouse, e le ultime uscite a nome Woven Hand e Christine Owman sembravano darci ancora una volta ragione. Invece negli ultimi giorni ecco arrivare alle nostre orecchie il secondo disco per Howe Gelb (già nei Giant Sand) e i suoi Desoto Caucus.
Con "Offramp Rodeo" accade così che i suoni non solo si tingano di aromi più soavi e leggeri, ma acquistiscano anche una certa verve indie-rock che non avremmo mai creduto propria di un disco edito per la storica label tedesca. Questo nuovo cd, poi, è: "Un disco brillante che riesce a essere cool grazie a un suono vintage e a groove pastosi", come confessa la stessa etichetta nel press-sheet da lei redatto. E c'è da darle ragione, dal momento che le dieci tracce sembrano abbandonare quasi del tutto le tematiche pastorali solite per una band Glitterhouse, a favore di temi decisamente vari ed eventuali; sociali ("The Last Call"), politici ("Polaris") e persino folklorico-agonistici ("Offramp Rodeo", appunto).
Il tutto emerge in sinuose forme di canzoni orgogliosamente rètro, fra tex-mex, ballata folk e Grizzly Bear. In Italia li vedremmo bene di spalla ai siciliani Gentless3, o magari viceversa. Il modo di comporre appare però molto più rilassato rispetto a quello che possiamo (solo) immaginare per Carlo Natoli o David Eugene Edwards; il risultato viene sottolineato dal drumming tenue e rilassato di Peter Dombernowsky, accentuato dall'accompagnamento ora del piano ora dei fiati, anche se volentieri le chitarre grattano e fanno sentire la propria presenza; e stringono le briglie dei ritmi per non farli correre troppo verso la via dell'allegra scampagnata un po' ebete ("Here's One").
Il seme originario è "Live In The Stream", primo singolo che farà la gioia di molti fan di Bright Eyes, scritto mentre Howe e soci stavano finendo di comporre un'altra canzone ("OCB", bella anch'essa ma più canonica) ed esploso in tre minuti catchy e celestiali al contempo. Dopo quest'impulso altre nove canzoni si alternano, simili e assieme dissimili dalla prima, anzi, con la voglia di giocare quante più carte possibili, da Neil Young agli Yeasayer ai Beach House, movimentano il paesaggio complessivo.
Il produttore è lo stesso Nikolaj Heyman che ha suonato con Mark Lanegan e un'altra mezza dozzina di altri artisti meno noti ma ugualmente validi, a accidenti a lui, perché il lavoro che ha fatto è veramente buono. Ci saranno ascoltatori così attenti da non lasciarsi perdere un piccolo gioiellino come questo?
25/02/2013