Proviamo a immaginare l’ambientazione di “We The Common”... Per esempio: una banda di hipster che manifesta, giù per Valencia Street a San Francisco, per i diritti delle detenute donne, intonando canzoni popolari e festose, come se il rumore fosse già di per sé un affronto al sistema precostituito.
In testa al plotone, qualche giovanotto armato di banjo, tromba e vibrafono e col volto camuffato da una barba fitta e incolta.
Thao Nguyen dovrà perdonare questa immagine caricaturale, con la quale si cerca in qualche modo di inquadrare il suo quarto disco, prodotto di un annetto di pausa dal jet-set indie e di lavori – improvvisati e rigorosamente non pagati – con associazioni di volontariato di San Francisco. È così che questo album viene dedicato a una detenuta, Valerie Bolden.
Chiassosi country-blues da osteria (“Move”, “Age Of Ice”, “Human Heart”) sorreggono quindi un karaoke di impegnata ubriachezza, generalmente irritante per la totale assenza di senso musicale – a tal punto da farla apparire un vanto.
A questo proposito, lo specchietto per le allodole di “We The Common” è rappresentato dallo stornello “Kindness Be Conceived”, nel quale duettano Thao e Joanna Newsom, incontratesi in una fattoria che fa da ritiro semi-monastico per giovani scrittrici (sic!).
06/02/2013