Threelakes & The Flatland Eagles

C’è davvero una sorta di bellicosità ansiosa nel pur misurato e “internazionale” esordio su Lp di Threelakes, per gli amici e non Luca Righi, giovane mantovano. Sospinti da un’indiscutibile urgenza, i brani di “War Tales” bucano lo schermo anche grazie all’apporto dei Flatland Eagles, composti da Andrea Sologni dei Gazebo Penguins, Lorenzo Cattalani e Raffaele Marchetti (presenze aggiuntive da Giardini di Mirò e Comaneci).
Sebbene registrato senza orpelli (con un risultato tanto verace quanto piatto), “War Tales” mostra, nelle soluzioni e nell’esecuzione un’estrema confidenza in sé stesso, come fosse l’opera di un cantautore navigato, per cui anche il silenzio assume un suo peso e tutto suona preda di un integerrimo massimalismo emotivo (la ballata Sheff-iana di “To Do”).

Niente di male – anzi un punto positivo, se vogliamo – non fosse che l’ispirazione non è quella dei grandi capolavori, come il tono degli arrangiamenti vorrebbe far intendere. Anzi nella maggior parte dei casi è piuttosto modesta, come nel lamento emo-folk di “D-Day”, sorretto con grande dispiego di forze, tra fiati e progressioni percussive.
L’eloquio inintelligibile di Luca va a citare isolamenti emotivi Vernon-iani in “The Lonesome Death Of Hank Williams” (citazione Dylan-iana esistente in musica solo a tratti, si veda l’armonica di “The Day My Father Cried”), sostituendo il ritornello con una tirata a base di Wurlitzer, per poi ammiccare al folk più tradizionale con un certo compiacimento (“March”, “By My Side”), permettendosi anche abbozzate contaminazioni Rutili-ane.

Ecco, se si dovesse definire il disco con una parola, è proprio "autocompiacimento" – giustificato solo in parte. Se è vero che il cantautorato imbronciato di Threelakes spicca facilmente nel semideserto nazionale, “War Tales” potrebbe essere, in termini assoluti, un’uscita minore della Yer Bird. Il che non è poco di per sè, ma la strada è ancora lunga.

08/10/2013