Dopo aver indossato i panni di deturpatore virulento della sottocultura in “Il nuovissimo mondo” e aver toccato un nuovo record di efferatezza “discorrendo” di politica in “Utopie e piccole soddisfazioni”, il multistrumentista, compositore e produttore veneto Nicola “Bologna Violenta” Manzan precisa il suo compito narrando un pezzo ben delimitato e "violento" di storia recente della “sua” Bologna in “Uno Bianca”. Non serve spiegare gli intenti narrativi di questo suo quarto album solista, essendo il titolo già più che didascalico: ripercorrere (come al suo solito in tempistiche atomiche, in tutto poco più di mezz’ora) ascesa, apice e declino della banda criminale dei fratelli Savi nella loro scia di omicidi, rapine, ricettazioni, assalti, ricatti, etc.
Il problema è che qui Manzan si autocita senza immaginazione e di nuovo con i medesimi mezzi: scariche speedcore di basi elettroniche e accordi al fulmicotone, in schegge brevissime che pressoché non si distinguono, a parte un sempre bizzarro uso dei campioni. Per arrivare alle emozioni bisogna attendere i brani più lunghi, come la “suite” di 4 minuti di “4 gennaio 1991” (introduzione da camera, progressione epic-metal a tripla velocità, sospensione ambientale-corale), l’adagio barocco per violino, organo e arpa di “7 ottobre 1993”, dapprima umile quindi solenne e sinfonico, e la cavatina da ensemble d’archi di “2 maggio 1991”. Questi tre brani espongono finalmente una vera visione compositiva sopra la violenza a getto continuo, ma non si sintonizzano col resto del disco.
Concept, concordato anche con l'associazione delle vittime prima della lavorazione, con i suoi elementi d’organica avanguardia, la tracklist “a diario”, un misterioso colpo di campana che rintocca in ogni brano, una biografica promenade di cronaca nera che si ascolta “a programma” con l’accluso commentario di pugno dello stesso autore. La sostanza musicale, troppo intenta a spettacolarizzare il plot, è in ogni caso grezzume ridondante: è un Manzan serioso che convince di più quando - di rado - smette i panni d’iconoclasta electro-core e torna distinto violinista. Più divertente, espressiva e caustica la parodia “papale” Polonia Violenta (2013), 6 minuti di duetti tra tuoni black-metal, grindcore e doom, e collage d’invettive di Wojtyla.
20/02/2014