Vent'anni dopo la chiusura della label, sono pochi i progetti che hanno ridestato in modo convincente le atmosfere indie e twee-pop della loro scuderia. Tralasciando le fortune dei Trembling Blue Stars, solo gli Orchids hanno conservato un profilo discografico interessante. Gli scozzesi in verità hanno prodotto solo tre album dopo la scomparsa della Sarah Records, senza perdere neanche un briciolo della loro identità stilistica, ma senza nemmeno rinnovare i fasti del loro passato.
“Beatitude # 9” apparentemente non smuove le loro coordinate creative, ma una ritrovata leggerezza attraversa le loro malinconiche e sognanti ballate elettroacustiche, appena contaminate da un'elettronica naif, dando forma al miglior album del gruppo dopo “Striving For The Lazy Perfection”.
E’ con piacere che ritroviamo in “The Coolest Thing” e "Today's The Day" quell’ingenuità pop-disco che i cugini Field Mice avevano esplorato al meglio negli anni della Sarah, o il jingle-jangle sbarazzino di “She's Just A Girl” e “Something's Going On” (che non sfigurerebbe nel repertorio dei War On Drugs).
Il tempo che passa fa comunque capolino, il raffinato dream-pop di “Hey! Sometimes” e la psichedelia vellutata di “A Way To You” sono il segno di una maturità e una consapevolezza che arride anche agli eterni sognatori.
Non resta quindi che gioire della ritrovata vitalità della band, che alternando pagine grintose (“Someone Like You”) a romanticherie delicate (“A Perfect Foil”), riesce a regalare all’ascoltatore una ballata da archiviare tra le migliori della sua produzione (“Your Heart Sends Me”), e ci ricorda che la coerenza spesso non ripaga in termini di successo, ma tiene lontano l’inaridimento creativo, e ridona beatitudine.
(03/01/2015)