Dopo che il secondo disco “Vecchio” appariva come una coerente evoluzione rispetto al percorso iniziato con l’esordio “Vol. 1”, al terzo lavoro i Thegiornalisti si distaccano completamente da tutto quanto fatto in precedenza e si ripresentano come un incrocio tra Lucio Dalla e gli Stadio, con un pizzico di Antonello Venditti. Una descrizione così, probabilmente non metterà molta voglia all’ascoltatore di accostarsi a questo “Fuoricampo”, ma in realtà questa svolta porta con sé un pregio che sempre più raramente troviamo nella musica italiana contemporanea, mainstream o indipendente che sia: la voglia di cantare queste canzoni a squarciagola, senza freni e con quell’adrenalina che più canti, urli e muovi le mani e la testa a tempo e più aumenta.
Certo, oggi lo sappiamo, la musica si ascolta sempre più come sottofondo e sempre meno dedicando la completa attenzione a essa, ma canzoni come queste le si vive pienamente mentre si è a casa da soli e si ha voglia di prendere un brano musicale solo come spunto per urlare e provare sensazioni forti, fregandosene di cosa penseranno i vicini, oppure mentre si guida in autostrada e allo stesso modo si lascia andare la propria voce a pieno regime, oppure ancora ai concerti della band, non a caso sempre pieni di gente che canta fortissimo da quando il disco è uscito, con un entusiasmo da parte del pubblico che non si trovava da quando sulla scena irruppero I Cani.
Melodie irresistibili, suoni semplici, retrò e appiccicosi, il timbro vocale di Tommaso Paradiso che si trasforma da secco e tagliente a robusto e rotondo, testi capaci di far sì che l’ascoltatore viva sulla propria pelle le sensazioni proposte, anche quando parlano di esperienze che non appartengono al proprio vissuto ma che al massimo ci si è immaginati (quanti di voi hanno davvero partecipato a una nottata di sesso collettivo come quella raccontata in “Promiscuità”? Secondo me, meno di quanti si possa pensare. Quanti di voi hanno visto una scena del genere in un film, porno o no? Qui il numero di chi alza la mano, secondo me, è molto più alto). Importante anche notare come ognuna di queste singole parti siano perfettamente funzionali a tutte le altre e quindi le canzoni trovino al proprio interno la spinta per essere valorizzate al massimo.
Un aspetto positivo del disco è che non risulta come un’unica raccolta di inni da Circolo Arci, nel senso che, alla lunga, un lavoro composto da canzoni che colpiscono subito rischia di stufare presto. Qui, per fortuna, troviamo anche canzoni che all’inizio spiazzano proprio perché la forza adrenalinica sopra descritta la lasciano appena intravedere, così i primi due – tre ascolti sono un saliscendi tra momenti subito intensi e altri che invece lasciano più domande che risposte. Tra i primi, oltre a “Promiscuità”, vanno citate almeno “Per Lei”, “Proteggi questo tuo ragazzo” e “Fine Dell’Estate”, mentre tra i secondi sono senz’altro ricomprese “Mare Balotelli” e “L'Importanza Del Cielo (Myazaki)”, mentre in mezzo c’è l’electro-pop minimale di “Aspetto Che”.
Si parla di brani che faticano a convincere inizialmente, perché hanno più leggerezza sia nei suoni che nella voce, melodie meno facili da assimilare e testi che potrebbero sembrare fuori fuoco. Basta però dedicare un po’ di tempo in più al lavoro e non solo lo si apprezzerà tutto, ma si rimarrà soddisfatti anche dell’alternanza tra le due tipologie di brani.
I Thegiornalisti mostrano, quindi, di non aver soltanto voluto essere più accondiscendenti nei confronti di una fascia più ampia di pubblico, ma anche di aver avuto la capacità di portare una certa valenza artistica in questa loro svolta. I buoni riscontri che stanno ottenendo sulla stampa e nei commenti in Rete e soprattutto l’enorme e continua ondata di entusiasmo che la gente sta regalando durante i concerti sono ampiamente meritati.
23/12/2014