Con oltre dieci album all’attivo (cinque ufficialmente), e una discografia ben più bizzarra e caotica del loro sound, i Blank Realm abbandonano definitivamente lo status di band lo-fi, affidando le sorti del nuovo progetto alla produzione accorta e matura di Lawrence English, e mettendo in piedi il loro album più corrosivo e maturo.
Che le atmosfere più rilassate e meno stralunate di “Grassed Inn” fossero funzionali a una pausa di riflessione appare evidente solo ora che “Illegals In Heaven” ripristina quell’euforico humour sardonico che ha contraddistinto album del passato come “Go Easy” o “Deja What”.
La band australiana ha infatti messo a fuoco la propria attitudine di band garage psichedelica, affidando alla nuova estetica sonora il compito di renderla solo più godibile e vivace. La loro abilità nel rievocare glorie passate senza essere troppo didascalici, li salva dalla prevedibilità di molti gruppi affini: basta ascoltare le note iniziali di “No Views” per giustificare i nobili riferimenti sollevati dalla critica (Germs, Black Lips, Gun Club); ma in “Illegals In Heaven” c’è molto di più, perfino una scrittura che evoca l’immaginario di songwriter come Bob Dylan, Kurt Vile e le recenti avventure dei War On Drugs (si ascolti “River Of Longing” e “Palace Of Love”).
I Blank Realms usano la musica psichedelica come un enorme, gigantesco caleidoscopio, ma lo sguardo, che ne apprezza l’insieme di colori e fantasia, è come avvolto in una leggera nebbia, una distorsione che permette alle canzoni di andare al cuore del lirismo senza inutili orpelli o abbellimenti.
Qui aleggia il fascino sotterraneo dei My Life With The Thrill Kill Kult, la trasfigurazione dei synth di alcune canzoni dei Wolf Parade (“Cruel Night”), l’irriverenza dei Devo (“Costume Drama”), ma quello che alla fine primeggia è un razionale disordine, ancor più evidente quando i toni diventano più morbidi e malinconici.
La lucida follia di una ballata malsana come “Dream Date”, il jingle-jangle posticcio di “Flowers In Mind” e la narcosi alla Mazzy Star di “Gold” sono pezzi di un puzzle sonoro ricco di prelibatezze.
Se cercate rivoluzione e innovazione, potete rivolgere l’orecchio e lo sguardo altrove, ma quello che offre il nuovo album della band australiana è più di quanto troverete in giro scartabellando tra migliaia di imitazioni di pop-psichedelico.
Nonostante l'opera si chiuda con un titolo leggermente amaro e disilluso (“Too Late Now” ovvero “troppo tardi adesso”) non è troppo tardi per offrire ai Blank Realm la possibilità di allietare le vostre giornate, anzi forse proprio partendo dall’ultima traccia del disco, che ci rammenta le passate meraviglie della scena rock psichedelica australiana che va dai Saints ai Church.
18/01/2016