La narrazione di Carpenter Brut risulta essere parecchio interessante, in quanto non di semplice rilettura di quegli stilemi si tratta, bensì di un melting pot infarcito di varie influenze, a partire dal french touch, da cui sembra aver assimilato soprattutto la lezione dei Justice di "Cross", ma anche, talvolta, da un tocco funky (si ascolti, a questo proposito, "Disco Zombi Italia"), da un'allure cinematografica e da un'atmosfera che è insieme rétro e futuristica. L'artista francese sembra nutrire un'idiosincrasia per le sonorità pop e infatti l'unica concessione a questo riguardo la troviamo in "Anarchy Road", sublimazione apocalittica, mentre tutto il resto si muove entro una sensibilità gotica, a tratti sinistra, groove ipnotici, bassi grassi, synth distorti e un appeal da dancefloor. Frequenti anche i cambi di mood e di tonalità, atti a rendere più coinvolgenti i brani.
Le canzoni dei tre Ep avanzano entro scenari ben definiti, che evocano un futuro prossimo distopico e decadente, in cui persone e fors'anche replicanti popolano oscure e delittuose città, alle volte illuminate di rosso e di blu; nonostante quasi tutte le tracce siano esclusivamente strumentali, è possibile coglierne le vibrazioni: desolazione umana, guerre, criminalità diffusa, rapporto conflittuale con la tecnologia, esoterismo e simbolismo. Un assaggio dell'estetica visionaria di queste canzoni si ha nel video di "Turbo Killer", diretto da Seth Ickerman: potente, viscerale, febbrile, come la canzone in sé, che potrebbe tranquillamente essere letta anche in chiave rock.
Una trilogia imprescindibile nell'ambito della synth-wave, che ha il grande pregio di non perdersi nostalgicamente nelle pieghe increspate della rievocazione, ma di riuscire a dare nuova linfa al genere, con un'impetuosità horror e un'urgenza creativa che vi sarà impossibile non amare.
(25/03/2017)