Non stupisce quindi che, per uno così poco avvezzo a fare la popstar, l'arrivo del debutto su Weird World non presenti nulla che sovverta di troppo quanto già anticipato dall'Ep "Dreamzone" che ce l'aveva fatto scoprire sul finire del 2013. Anzi, "Jaakko Eino Kalevi" fa semplicemente da chiosa, espandendo la formula di synth-pop dai bordi felpatamente psichedelici alle consuete dieci tracce del long playing.
Jaakko gigioneggia con voce profonda ma eterea, descrivendo titubanti paesaggi ad acquarello, la sua musica è colorata di lievi turbinii di sax, ritmi disco al rallentatore, synth sbrodolati e soffusi, e qualche piccola ricchezza ogni tanto, come un tocco di pianoforte quasi jazzato nel placido andazzo di "Don't Ask Me Why", o la buffa linea di piffero in "Deeper Shadow" (curiosissimo il video di accompagnamento di quest'ultimo, girato nell'est di Londra da Charlotte Rutherford).
Certo, a tratti la ricetta è stereotipatamente nordica, al punto che un ascolto distratto non fa nulla per tentare di scuotere l'ascoltatore mentre viene cullato verso un assorto torpore, guidato dalla voce di questo elfo compostamente malinconico.
Eppure, a poco a poco, la miccia s'innesca nel retro del cervello e il disco inizia a prendere forma e a scivolare sotto pelle, grazie ai suoi garbati tocchi sintetici talmente calibrati che sembrano fatti di grana analogica. E si culmina sulle ali di "Ikuinen Purkautumatun Jannite", ovvero oltre sei minuti che lentamente accelerano il ritmo col progredire del brano verso folate vintage disco come una sorta di Todd Terje in chiave più intimista.
Allora forse "Jaakko Eino Kalevi" è proprio come quel compagno di Erasmus timido e taciturno col quale non si scambiano troppe parole ma si finisce comunque col passare delle belle serate assieme, e quando poi un giorno lo vedi ripartire, ti rendi improvvisamente conto che un poco ti mancherà.
(10/07/2015)