Se ti ritrovi ad aprire le date dal vivo dei Muse senza avere ancora un album all'attivo, beh, certamente non sei uno qualsiasi, e la scorsa estate, visti al Rock In Roma come opening act della band di Matt Bellamy, i Nothing But Thieves hanno saputo impressionare la platea.
L’atteso primo full length li impone come una delle formazioni più hype dell'attuale panorama musicale inglese: “Nothing But Thieves” arriva dopo tre Ep (il primo risale al 2013) e svariati singoli, molti dei quali qui contenuti, cosa che fa assumere all’album le sembianze di una sorta di greatest hits della prima ora.
L’approccio del quintetto dell’Essex si dimostra vicinissimo ai primi Radiohead, oltre che ai Muse stessi: prendete l’iniziale “Excuse Me”, dove la voce di Conor Mason si arrampica (senza affatto sfigurare) fra Thom Yorke e Jeff Buckley, ovverosia la medesima sintesi sviluppata da Bellamy in gran parte di “Origin Of Symmetry”.
Le due chitarre si incrociano ad arte, disegnando scenari contundenti (“Ban All The Music”, “Drawing Pins”, “Painkiller”), intriganti midtempo (“Wake Up Call”, “Trip Switch”) e carezzevoli ballad (“If I Get High”, “Graveyard Whistling”, “Lover, Please Stay”).
Volato subito alto nella Top Ten inglese, addirittura al primo posto nella chart dei vinili più venduti, “Nothing But Thieves” è un esordio importante, degno di attenzione, scorrevole, magari non originalissimo, ma di grande qualità compositiva.
I giochi non terminano necessariamente alla dodicesima traccia, il lento in falsetto “Tempt You (Evocatio)”: per chi desideri approfondire il discorso è in commercio una deluxe edition che aggiunge ulteriori quattro pezzi, tutt’altro che riempitivi.
01/11/2015