Ebbene sì, esistono ancora figure come quella di Rowan Coupland: un eremita musicale, un asceta, un amanuense con la chitarra al posto del pennino. Tra i fondatori del Wilkommen Collective e di quei Sons Of Noel And Adrian che ora possono essere visti come un supergruppo “a posteriori”, data la presenza di Nick Hemming e Daniel Green e tanti altri, Coupland è ora in ritiro non in una grotta sulle Murge, ma in un appartamento di Berlino.
Poco importa, perché non è scontato che qualche notte in una grotta, Rowan, non l’abbia passata, negli ultimi sette anni, in questa carriera che l’ha portato dai porti degradati dello Ionio alla vita “Into The Wild” nella British Columbia, la chitarra sempre con sé e una serie di compagnie improvvisate, le cui storie erano sempre pronte ad alimentare l’arte dell’inglese, in perenne ricerca di sé attraverso le note.
L’ultimo prodotto di questa schiera di cd autoprodotti e autoconfezionati su richiesta di questi sette anni è la cassettina “Asbestos Ghosts”, che racchiude la sua produzione berlinese, appunto. Molto del disco suona come note rubate agli angoli delle strade, un “busker folk” passeggero in cui ciò che non è acustica e voce potrebbe essere stato portato dal vento, al quale puoi passare accanto senza farci caso, ma che rimane comunque essenziale per parlare della vita che circola per le strade di una città europea, con storie che si annodano e che si sfiorano senza riconoscersi (“Blackout”).
Le interpretazioni e il songwriting hanno insomma quel carattere lirico discreto, che sembra quasi fatto per essere sommerso dalle conversazioni, come se fosse un accessorio indispensabile ma di cui nessuno si accorge (“Drip, Drip, Drip”). Oppure sembrano canzoni cantate in solitaria, di fronte al mare, di notte, facendo scappare i gabbiani (“Slip”).
Non di poco valore è infatti lo spirito autoironico che permea le canzoni di Rowan, personaggio che racconta con levità il volto anche effimero della vita, con uno strumento appena accarezzato, piccole note che sembrano sciogliersi al sole, in un consapevole destino di accondiscendente disinteresse da parte del prossimo (la poetica e Drake-iana “Possessor Of The Light”).
Rimangono però canzoni che sapranno donare molto a chi si fermerà un momento, per una moneta, una stretta di mano, un sorriso, ricambiato da chi, a forza di vederci camminare e parlare, ci conosce come le proprie tasche vuote.
28/11/2015