Secondo album per Sebastiano De Gennaro, arrangiatore brianzolo di cantautori italici e multistrumentista con ambizioni colte, “All My Robots” fa progredire di quel tanto la sua ricerca in pectore.
“Zeiss Telescope” è un buon esercizio di tastiere d’avanguardia dadaista Residents-iana e minimalismo dilettantista. L’autore ridiventa batterista (la sua prima incarnazione) per la suite sui generis “Musica ricercata”, schegge d’assalto brutale alla Hella di metalcore videogame, resa un po’ kitsch dalle citazioncine sparse di motivi classici.
Le tre parti di “Ultra Taro” ne fanno il suo parto finora più ambizioso, un remix-melting pot che frulla Conlon Nancarrow, Harry Partch, Paul Hindemith e John Zorn in un fraseggio stocastico e instabile (e incapace di giungere a una conclusione, dunque autoreferenziale).
I medesimi ingredienti del primo “Hippos Epos” si radunano sotto una scorza d’ispessita veemenza, s’amalgamano grazie a una personalità aumentata di quasi-compositore. A dimostrazione, ci sono meno cover (solo un inutile “Preludio” di Bach in chiusa). Un concept che omaggia Asimov ma non ne trae grande ispirazione; i cinque sconnessi frammenti di “Musica ricercata” fanno il verso all’omonima composizione di Ligeti, “Ornithology”, invero una delle più pretenziose, è dedicata a Olivier Messiaen. Prima uscita della neonata MeMe di Taketo Gohara.
26/06/2015