Prendete una mezza divinità del cantautorato alternative più carbonaro come Stanley Brinks (aka André Herman Dűne), al netto degli affiliati di ieri (Herman Düne) e di oggi (The Wave Pictures) ma con in aggiunta la sua dolce metà Clemence Freschard, artista che condivide con lui i natali in Francia, un cosmopolitismo da battaglia e un piccolo studio di registrazione a Berlino. Ora pescate dal mazzo il non meno eccentrico Mathias Kom, cantastorie canadese in fissa con l’ukulele, in licenza dal suo partecipatissimo diletto Burning Hell ma in compagnia dell’adorata Ariel Sharratt, suonatrice di clarinetto e cantante a tempo perso. Quella che avete ottenuto è l’amenità collaterale The Fox, una doppia coppia che in cuffia non conferma i valori nominali di ogni singola carta.
La nuova ragione sociale ha aperto i battenti con un estemporaneo disco eponimo rilasciato a inizio 2015, a stretto giro di posta rispetto all’(allora) ultima uscita della banda nordamericana, il live album “Live Animals”. A dispetto del pregevole cast, come si è accennato, la dimensione resta troppo bozzettistica, sorniona e frugale, troppo vanamente scherzosa e con pochi lampi tra scrittura ed esecuzione (la carineria di “Please Let Me Fall In Love”, la cantilena sciroccata “Di Di Dilli Di Di”) per concretizzarsi in un progetto artisticamente solido e legittimare l’acquisto, con la sua coralità esasperata stile “quattro amici attorno al fuoco” (anche divertente ma del tutto oziosa, vedi “Cocktails”) e il suo impianto acustico un po’ monocorde.
Con Brinks che mantiene il sopravvento sul piano espressivo e produttivo, ancorato a un ideale estetico di approssimazione (bassa fedeltà, volendo nobilitarlo) che alla lunga può indisporre, il disimpegno tende al plateale e al sonnacchioso, tediando ben più del necessario. Il risultato è un divertissement per pochi intimi, di quelli che sanno intrattenere giusto chi li ha concepiti (e pochi altri) “una sera al bar”, almeno stando a quanto asserisce la nota stampa. Troppo poco, ad ogni modo, per i fan dell’uno o dell’altro duo, anche se gli affezionati di Kom avranno avuto di che consolarsi con l’album di duetti “Don’t Believe The Hyperreal”, uscito a fine 2015, cointestato alla Sharratt e marginalmente abitato ancora da Brinks e Freschard. Una bella operina, quest’altra, frutto del talento mai rinunciatario del genietto Mathias.
27/04/2016