Machinedrum - Human Energy

2016 (Ninja Tune)
wonky, bass-music

Si fa un buon parlare (tra gli appassionati e le riviste specializzate per adesso, s'intende) di una curiosa e inaspettata riscoperta da parte di tanti ascoltatori della new age, e di quanto ci gravita attorno. Laddove da molti è stata considerata per molto tempo l'apoteosi della stucchevolezza applicata alla musica, la fiera dei bei sentimenti a buon mercato, nuove generazioni ne stanno invece riscoprendo tutta la forza immaginifica, finanche le qualità terapeutiche, puntando a riadattarne l'estetica e i contenuti in questi convulsi anni Dieci. Tra ristampe ad hoc (di assoluto riguardo la compilation di composizioni di Joanna Brouk), ribalte di vecchie glorie del settore (Laraaji su tutti) e nuove conversioni al verbo, pare insomma che ci sia terreno fertile perché nei prossimi anni si possa assistere a una rinascita, naturalmente sotto nuove vesti, di una lunga tradizione che sembrava non appartenere più in alcun modo al presente. Tra i primattori di questa tendenza del futuro, torme di anonimi vaporwaver a parte, curiosamente compare il nome di Machinedrum, che negli ultimi anni si è dato da fare per ampliare gli orizzonti espressivi di footwork e bass-music, calando dalla manica un asso di album quale il primo “Vapor City”. Cosa ha quindi a che vedere la new age con una personalità come Travis Stewart, che si muove su ben altri lidi rispetto a quelli più pacati e introspettivi di cui sopra? Molto più di quanto si potrebbe pensare.

Copertina e titolo dell'ultimo album in effetti danno già da pensare, ma a giustificare ancora maggiormente l'avvicinamento da parte del producer statunitense a certe linee di pensiero e a filosofie al confine con l'esoterismo provvede lui stesso, attraverso le sue esperienze di vita, ma anche grazie alla possibilità di dare nuovo spolvero a interessi tenuti troppo tempo nel cassetto. Il recente matrimonio, il trasferimento in una nuova città, il rinnovato approfondimento verso teorie para-religiose e la scoperta del bisavolo guaritore: è impossibile pensare che tutto questo, in un modo o nell'altro, non abbia influito pesantemente sull'umore e sulla creatività di Stewart, non abbia creato un nuovo percorso da seguire, contraddistinto da maggiore serenità e positività, uno smacco rispetto al disfattismo imperante. Ciò può portare a pensare che Machinedrum si sia messo davanti a un pianoforte o a un organo a comporre scorribande astrali o incantevoli bozzetti d'atmosfera? Nient'affatto, ma anche se sempre di elettronica e ritmi si parla, la sua musica non è più quella di una volta. Più euforico e scatenato che mai, il producer firma con “Human Energy” il suo lavoro più diretto ed essenziale, quello che gioca scopertamente con una maggiore accessibilità e con interessanti tonalità pop, qui evidenti nella pletora di contributi vocali e nell'avvicinamento a sonorità tropical-house e pc-music, di questi tempi piuttosto ben rappresentate nei settori alti delle classifiche. In ogni caso, pur con tutta la gioia e l'apertura alla vita che contraddistingue l'album, non c'è la benché minima traccia di cheesiness.

Il taglio produttivo di Stewart si rivela infatti ancora una volta affilatissimo, e anche a uno stravolgimento così profondo non tarda a calare assi dalla manica, ad adattarsi perfettamente e rilanciare con tutta la naturalezza possibile. Così, la nuova estetica di Machinedrum punta a brani tendenzialmente molto rapidi, schegge impazzite dalle cromie vividissime in cui poter frullare wonky, bass-music, nu-r&b e le scene di cui sopra in un ibrido gommoso e luminoso, un paradiso artificiale in cui l'estasi dei sensi è giunta al suo parossismo. Privo dell'ironia e del trolling selvaggio dell'etichetta di A.G. Cook, con la sincera voglia di costruire un album dal reale potenziale catartico, il producer realizza il suo lavoro più umano di sempre, quello che ribalta la caramellosa finzione hi-tech di tanta contemporaneità elettronica e ne scopre possibilità comunicative diverse, che non mancano di rispecchiarsi nell'energia umana decantata dal titolo.

Con contributi vocali di spessore, decisamente più naturali e vivi rispetto ai dischi di un tempo (“Do It 4 U” con la partecipazione di D∆WN è quanto di più vicino al singolo pop abbia mai realizzato, a prescindere da come la progressione ritmica prenda e trasfiguri l'interpretazione come più preferisce), e un'attenzione particolare nell'evitare ogni possibile deriva trash, l'album spende bene le sue carte, gestendo la scaletta con ampia disinvoltura. Con tanto di intro a scale sovrapposte (“Lapis”), il lavoro si bilancia perfettamente (per quanto gli è concesso), introducendo brillanti prese di posizione sul Diplo-sound (“Angel Speak” appare quasi come una versione più robusta e schizofrenica di “Sorry”, e non teme minimamente un'inserzione di tromba; “Dos Puertas” si spinge pure oltre, piazzando la sinergia perfetta tra trap e atmosfere balneari), oppure addomesticando le bizzarrie di una GFOTY in una versione più compatta e lineare della pc-music (come in “Morphogene” o in “Celestial Levels”, qui prevedibilmente declinata in chiave ambient). Non mancano poi anche curiosi approcci a una versione digitale di certa musica liturgica (gli organi trattati di “Etheric Body Temple”) o a un trattamento più morbido del suo recente passato (“Ocean Of Thought”). Quel che insomma è certo è che, al di là dei bpm incrementati o della conversione stilistica, mai la musica di Machinedrum è suonata così solare, vitale, finanche serafica.

Tanto basta, in tutta sincerità. Poco possono le accuse di involuzione, di mercificazione (!) rispetto al paradigma precedente: forte di una progettualità che non lascia spazio alcuno a simili supposizioni, con una gestione del rischio che sa quando è il caso di non calcare troppo la mano, Travis Stewart ha pubblicato ben più di un semplice feel-good-record, spingendo verso una rilettura del pensiero new age che non ha proprio uguali in questi tempi. E a costo di ripetere quanto già detto per i Crying, di dischi che iniettino un po' di positività c'è sempre bisogno.

09/11/2016

Tracklist

  1. Lapis
  2. Morphogene (ft. Ruckazoid)
  3. Angel Speak (ft. Melo-X)
  4. Tell U (ft. Rochelle Jordan)
  5. Surfed Out
  6. Do It 4 U (ft. D∆WN)
  7. Celestial Levels (ft. Jesse Boykins III)
  8. Isometrix
  9. Spectrum Sequence
  10. White Crown (ft. Tosin Abasi)
  11. Ocean Of Thought
  12. Etheric Body Temple
  13. Dos Puertas (ft. Kevin Hussein)
  14. Opalescent
  15. Colour Communicator






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