Si è sempre avuta l’impressione che Ben Cooper, in mezzo al successo, ci si fosse ritrovato un po’ suo malgrado, uno di quei casi di musicisti DIY miracolati dalla facilità della diffusione musicale contemporanea. E non si può dire, su questo profilo, che il successo l’abbia cambiato: le esperienze avute in questi anni, lo speciale rapporto tra la sua musica e le immagini di pubblicità e serie tv sì, però, e questo è pienamente verificabile nell’ultimo capitolo della trilogia del Family Tree.
Nonostante il fatto che suoni ancora tutti gli strumenti e registri tutto DIY, Cooper forse non ha mai spiccato per raffinatezza o originalità, piuttosto per una scrittura solida, un artista di quelle melodie a cuore aperto che avevano trasportato il cantautorato americano sulle porte delle case. Il fatto che in “The Leaves” l’accento sugli arrangiamenti sia più netto non è un buon presupposto, e infatti la maggior parte di queste ventilate “evoluzioni” del suono di Radical Face avviene verso tirate electro-percussive o più generalmente “post” tutto sommato vetuste (“Rivers In The Dust” sembra venire da un vecchio tour dei Radiohead, “Photograph” dalle agnizioni bucoliche di “Hvarf/Heim” – anche “Old Gemini” ha l’arrangiamento, tra archi ed elettronica, di un pezzo potenzialmente di almeno dieci anni fa).
Persino l'handclapping di “Secrets (Cellar Door)” sembra aver fatto il suo tempo.
Precisato questo, è soprattutto la scrittura di Cooper che sembra offuscata, sicuramente al punto più basso della trilogia, e infatti si affida a queste progressioni, e non alla melodia, per cercare di smuovere l’ascoltatore (“Bad Blood”). Ovvio, il suo tocco rimane comunque superiore, per espressività, a quello di molte delle boy-band “indie-folk” generate anche in sua scia (“Third Family Portrait”): questa volta però non ci sono molti passaggi che non si possano trovare in un qualsiasi esordio di un qualsiasi altro cantautore che registra i dischi nel capanno della casa dei suoi, o in un disco minore di Oberst.
La trilogia si chiude così con qualcosa a metà tra un volo pindarico con mezzi obsoleti e una prova minore per un artista importante, che è riuscito a interfacciare il grande pubblico con un genere fino a quel momento, tutto sommato, di nicchia.
22/03/2016