La seconda traccia è esemplare: ascoltate con attenzione "Sogno l'amore" e pensate se vi è mai capitato finora di imbattervi in un artista in grado di arrivare così tanto vicino a Lucio Battisti. Spostando il lettore al brano iniziale, non sarà invece difficile notare quanto la title track rimandi all'epoca del miglior prog italiano, una sorta di celebrazione del percorso che fu de Le Orme.
Come il titolo suggerisce, i testi narrano di interrelazioni fra uomo e donna, raccontando le mille sfaccettature dell'amore: inseguito e raggiunto, inventato o reale, spesso al capolinea, sofferto, incenerito e sotterrato. Tutto è scritto in maniera semplice, come si trattasse di filastrocche impregnate di sentimento.
Frequenti - forse troppo, a dire il vero - gli intermezzi posti fra le canzoni, delineati con l'ausilio di violini, pianoforti, suoni ambientali e rumorismi assortiti, che intendono non di rado evocare situazioni campestri, avvicinandosi persino a strutture che rimandano ai Radiohead: non sarà un caso se "Sparite tutti", la canzone conclusiva, ha tutta l'aria di una diretta replica alla "How To Disappear Completely" di "Kid A".
Non mancano frangenti più aggressivi, dove la musica di De Simone vira consapevolmente verso l'alt-rock tricolore: "Vieni a salvarmi" e la ballad obliqua "Meglio" fanno pensare ai Verdena, mentre la sana spensieratezza de "La guerra dei baci" si sposta verso lidi sixties simil-surf.
Se "Solo un uomo" rappresenta il manifesto della finitezza dell'essere umano in vita, "Eterno riposo" ci rapporta invece col momento della morte (che sia di un amore, di un'amicizia o di una vita intera poco importa) raccordando Wilco e Battisti, il quale resta il riferimento più naturale dell'intero lavoro.
Potenziali singoli ("Fiore mio") e bozzetti acustici registrati fra cameretta e giardino ("Che cosa") completano un menù ricco, che supera abbondantemente i settanta minuti di durata.
Nonostante alcuni momenti possano apparire ridondanti ("Questo non è amore"), trascinandosi in maniera un tantino prolissa (vedi i primi cinque minuti della lunghissima "Gli uomini hanno fame"), "Uomo, donna" si impone come lavoro piacevolmente debordante e, in molti passaggi, imprevedibile, nel quale Andrea pesca idee dal passato ricontestualizzandole nel presente con grande naturalezza, qualificandosi come una delle firme più singolari e intriganti dell'attuale panorama indipendente italiano.
(10/06/2017)