A distanza di "soli" due anni, lo ritroviamo in forma smagliante, e ancora una volta tra i nomi di punta della label newyorkese, ma con un nuovo, intrigante traguardo da raggiungere: stravolgere tutto, o quasi.
"World Eater", terzo Lp in sei anni, è innanzitutto ribaltamento. Un vero e proprio assalto frontale, come da ringhio in copertina, il cui intento primario è quello di stravolgere la proverbiale pacatezza di un producer dal sound elettronico mediamente teso al raggiungimento di un'estasi sensoriale limpida e celeste, appannaggio di un'insolita collera, evidentemente fin troppo trattenuta negli episodi precedenti. Ma non solo. L'album si presenta come un vero e proprio concept sul destino dell'umanità, visto attraverso le manopole di sintetizzatori in preda a una delirante astrazione, una sorta di horror cinematico stracolmo di bordate industrial ("Rhesus Negative"), cavalcate electro sudicie e assassine ("The Rat").
Nel bel mezzo di tutta questa strana e sporca faccenda, Benjiamin riesce anche ad accendere le luci, improvvisandosi nuovamente angelo attraverso momenti pregni di puro candore (e calore) in totale scia Daft Punk ("Please"). "Wold Eater" non si nasconde, e si presenta come possibile manifesto della nuova cultura del clubbing che ha preso piede da almeno tre anni a questa parte. Ad ogni sua traccia verrebbe da chiedersi: industrial? Progressive? Dance? Idm? Insomma, i suoni conturbanti e avvolgenti lasciano ampio spazio alla fantasia dei rimandi. E verrebbe quasi da fare anche un bel paragone con i vari Amnesia Scanner, Arca, M.e.s.h., in pratica tutto il post-club contemporaneo.
Eppure, manca un preciso impianto audio-visivo creato per alienare totalmente il pubblico. Blanck Mass punta le sue carte quasi esclusivamente sull'impatto uditivo: bordate droniche a non finire, frattaglie cosmiche recuperate in giro per la Via Lattea, filtri subacquei che pescano persino in una certa vaporwave ("Minnesota / Eas Fors / Naked"), cori angelici che introducono una danza ipersonica ("Silent Treatment"). "World Eater" è un album che alterna momenti diversissimi, talvolta magnifici nella loro ferocia e nel loro improvviso disincanto. Ci sono le sassate, le pause chilly, le decostruzioni armoniche da contrasto al climax disturbato. Certo, resta il contesto folle del quale inizialmente è davvero difficile venire a capo. Ma dopo un paio di ascolti tutto comincia ad assumere una sua compattezza, una propria direzione.
Benjamin John Power ha dunque cercato di esporre per la prima volta nella sua carriera solista qualcosa di estremamente "intimo" e indecifrabile, qualcosa a metà strada tra la collera e il sogno, l'ira e la quiete, l'istinto e il cuore. E ascoltando le sette tracce di questo suo incredibile terzo album non possiamo che confermare l'eccellente resa di tale scopo.
(27/03/2017)