La compositrice francese Cecile Schott (rinominata
Colleen) non smette di stupire, malgrado i suoi quattordici anni di carriera ininterrotta. Carezze minimaliste di suoni eterei continuano a emergere di disco in disco, svelando ogni volta un’atmosfera differente.
Gli esordi di Colleen erano un delicato germoglio con radici sparse nelle sinfonie da camera del passato, con la morbida reinterpretazione della musica barocca di “
The Golden Morning Breaks” e i cenni
schaefferiani di “Colleen et les boites à musique”. A partire da “
Les Ondes Silencieuses”, Cecile cominciò a indagare la sua personale visione della musica neo-classica, costruendo un ponte tra i
loop “melanconici” di
William Basinski e le sinfonie neo-minimaliste di
Yann Tiersen, fino a perdersi in una foresta di voci stratificate e ipnosi acustiche contenute in quell’altro capolavoro che fu “
The Weighing Of The Heart”.
L’ultimo capitolo del viaggio astrale di Colleen risaliva al 2015, quando, con l’altrettanto interessante “
Captain Of None”, la compositrice accolse tra i suoi caroselli sonori, una quantità sempre maggiore di incursioni sintetiche, arpeggi etnici e persino qualche momento
dub, dissolto nelle danze minimaliste della
title track ed “Eclipse”.
“A Flame My Love, A Frequency” è, tuttavia, una svolta in parte voluta dalla sorte. Cecile era nella capitale francese a pochi passi dal Bataclan proprio il 13 novembre del 2015, quel funesto giorno in quel funesto luogo che sarebbe diventato l’ennesima cicatrice dell’Europa contemporanea. La compositrice non venne coinvolta negli attentati per una questione di tempistica: lasciò, infatti, il tavolo del bar poco prima che la zona piombasse nel caos; ma la sopraggiunta consapevolezza del pericolo scampato generò un mutamento nelle idee per il nuovo album. Ed è così che “A Flame My Love, A Frequency” divenne – nel corso della sua creazione – un piccolo elogio della fragilità umana.
La viola e tutti gli altri strumenti acustici sono stati accantonati in questo disco, in favore di una nutrita orchestra di controparti elettroniche, sempre in rispetto di quell’etica minimalista che contraddistingue l’arte di Cecile.
La
title track è un’istantanea di luce e aria composta da un Pocket Piano e un recentissimo Septavox, che crea una preziosa operetta di
songwriting elettronico (ben al di là dei classici
James Blake e
Imogen Heap) con tanto di coda ambient memore del migliore
Eno.
L’altro elemento fondamentale della svolta elettronica di Colleen è l’arguto utilizzo del tempo degli arpeggi, che tra “Another World” e “One Warm Spark” lambiscono nuovamente i mondi più dinamici dell’elettronica (sfiorando la
techno-ambient) pur facendo a meno di bassi e
drum machine. Di stampo esplicitamente folk, emergono i sussurri di “Summer Night (Bat Song)”, che intonano dolcemente “You’re hunting so close/ I hear your wings beating”, e la riflessione leopardiana a suon di tintinnii di “The Stars vs Creatures”.
Folktronica che bagna le rive della musica astratta. Ventate ambient e suoni scheletrici che non si disperdono nella notte come
Eluvium, ma preferiscono restare nel calore domestico della riflessione interiore e – amaramente - ritornano a tutte quelle volte in cui saremmo potute essere noi le vittime, ma lo sono state altre al posto nostro. “A Flame My Love, A Frequency” resta un superamento per Colleen, oltre che un esperimento capace solo di innalzarne il valore per l’avvenire.
26/11/2017