Pubblicato per celebrare la duecentesima uscita della label danese Posh Isolation, “Great Many Arrows” è il nuovo Lp dei Damien Dubrovnik, duo formato da Loke Rahbek e Christian Stadsgaard. Entrambi gli artisti sono noti per i numerosi progetti e lavori all’attivo. Ricordiamo solo che Rahbek ha realizzato diversi dischi sotto il nome di Croatian Amor ed è parte del supergruppo Body Sculptures, mentre Stadsgaard ha il suo progetto solista, Vanity Productions, oltre a essere la metà del duo The Empire Line assieme a Varg.
L’uscita di “Great Many Arrows” il 30 giugno segna anche l’anniversario degli otto anni dalla nascita della label e del progetto stesso dei Damien Dubrovnik. Indubbiamente è stato un periodo in cui sia l'etichetta, sia le varie uscite degli artisti che vi gravitano attorno (Puce Mary, Lust for Youth, Händer Som Vårdar, Age Coin ecc), hanno polverizzato le barriere tra i generi, spaziando tra post punk low-fi, drone music, techno ambient, noise, derive post-industriali e quant’altro, sempre riscuotendo ampi consensi internazionali.
I Damien Dubrovnik, in particolare, sono riusciti a creare un’inedita miscela di romanticismo e harsh noise; un’ansiogena valanga sonora che, soprattutto dal vivo, si traduce in una sorta di "teatro della crudeltà" avant-noise.
È proprio il bilanciamento tra rumore e melodia prodotta da strumenti tradizionali (come organo, violoncello e violino) ma opportunamente manipolati e distorti, che fa di questo lavoro una sorta d’inquietante colonna sonora per l’attraversamento di lande selvagge e sconosciute. Qui il duo si dimostra capace di rievocare al contempo il Prurient di “Frozen Niagara Falls”, le colonne sonore di Erik Enocksson e le asprezze power electronics dei primi Ramleh.
Il titolo del lavoro è ispirato a una storica competizione tra arcieri che si teneva a Kyoto, in Giappone, durante la quale si cercava di scoccare più frecce possibili nell’arco di 24 ore. I titoli dei sei brani che compongono l’album sono indicati solo come “Arrow 1”, “Arrow 2”, eccetera. Il disco è meno ostico e harsh rispetto al precedente full-length “Vegas Fountain”, anche se, soprattutto nella parte iniziale, non si risparmiano urla e clangori degni dei primi Einstürzende Neubauten (si ascoltino "Arrow 1-2").
Per certi versi “Great Many Arrows” si pone sulla scia di “City Of Women”, album uscito pochi mesi fa ad opera del solo Loke Rahbek. Qui, però, l’apporto di uno Stadsgaard in piena forma ci consegna uno dei lavori più organici e vari della discografia del duo, ormai capace di eccellere anche in momenti più drone-ambient e atmosferici ("Arrow 4" e "Arrow 6") di forte impatto emotivo.
Le varie frecce scoccate dal duo sembrano aver fatto tutte centro questa volta.
05/07/2017