In questo viaggio alla riscoperta delle migliori pagine della tradizione sudamericana, Lafourcade non è affatto da sola. Se anche in quest'occasione appaiono contributi vocali di lusso, per quanto in quantità decisamente contenuta rispetto al tributo a Lara, più che altro sono le collaborazioni prettamente strumentali ad assumere vero rilievo in "Musas", e definire l'effettiva riuscita dell'album. Non che l'autrice faccia la bella statuina, anzi nelle rivisitazioni contenute nel disco (affiancate da cinque brani originali e una suadente chiusura strumentale nelle forme del romantico "Vals poético") quanto a voce e capacità interpretative si potrebbe affermare che raramente la si è vista esprimersi a livelli più alti prima d'ora, che il controllo e il dosaggio emotivo sfoderati per l'occasione potrebbero costituire un prezioso trampolino di lancio alla volta delle prossime prove discografiche.
La scelta di affidare gran parte del commento strumentale a Los Macorinos, storico duo di chitarristi acustici ormai sull'ottantina, si rivela però determinante nell'inquadrare lo spirito del lavoro, la filosofia che lo anima. Lungi dal voler infatti attualizzare i brani attraverso arrangiamenti elaborati e complesse armonie vocali, lo scheletrico (eppure più che soddisfacente) comparto sonoro consente a Lafourcade di immergersi completamente nello spirito dei brani, di interloquire con loro da pari a pari, spogliandosi quanto più possibile dei filtri temporali e culturali che inevitabilmente separano la messicana dai suoi numi tutelari. Chitarra ritmica e melodica, nel loro continuo cedersi il passo e duettare senza sosta, fungono qui da alveo ottimale per la varietà di registri e tonalità intercettati dall'artista, perfettamente consapevole della spinta e della vivida eleganza conferite dalla coppia di musicisti.
In questo ricco parterre di inchini e omaggi, Lafourcade non teme di misurarsi con autentici mostri sacri del settore, di parlare nel loro stesso linguaggio con un piglio da vera folksinger. Accanto allo stesso Lara, qui tributato nella più scanzonata marcetta "Te vi pasar", in cui fanno capolino striature di fisarmonica e giocose linee di basso, figurano quindi menzioni alla straordinaria Violeta Parra, figura centrale dell'arte cilena del Novecento ("Qué he sacado con quererte", più lunare e morbida rispetto alla ruvida urgenza dell'originale, ma gestita ottimamente nei tempi e con lievi ricami di archi a sostegno della chiusura delle battute), dediche al pianista cubano Frank Domínguez, qui rivisitato nel suo brano più celebre con l'aiuto di Omara Portuondo dei Buena Vista Social Club ("Tú me acostumbraste", riletta come un ammaliante passo a due dalle sinuose cadenze bolero), saluti a Simón Díaz, tra le voci-cardine della musica venezuelana, in una cover che sventa la calligrafia accentuando i lati più notturni dell'autografo ("Tonada de luna llena", con i fischi iniziali sostituiti da un canto quasi animalesco, nonché un generale rallentamento delle battute). Un parterre di nomi eccezionali, riproposti per un pubblico giovane magari non particolarmente avvezzo, accanto al quale i pezzi scritti di proprio pugno dalla songstress non risultano affatto stantii o privi di mordente, ma anzi risultano perfettamente incasellati, tessere di un puzzle unitario senza le quali risulterebbe manchevole di componenti essenziali.
Con le più brillanti cromie di "Tú sí sabes quererme", tra i momenti più frizzanti e allo stesso tempo emotivi dell'intero prodotto (non è affatto un caso che il comparto ritmico, tra clap e percussioni, sia così marcato), e le nuance flamencate di "Rocío de todos los campos", la lenta e gradata dedica a Rocío Sagaón, celebre ballerina/coreografa messicana e idolo personale di Lafourcade, il disco si avvale di una manciata di canzoni che specialmente dal punto di vista interpretativo non hanno proprio di che temere rispetto ai ben più blasonati classici. Trattando tutto il materiale a disposizione con la stessa raffinatezza e con un coinvolgimento che non ha bisogno di grosse manifestazioni per uscire allo scoperto, il primo volume di "Musas" (come testimonia anche la stessa copertina) pone non soltanto la cantautrice messicana nelle condizioni di proseguire con profitto una carriera di livello come folksinger di razza, ma la pone come prosecutrice ideale di un discorso e di un modus operandi che corre indietro seguendo la linea del tempo, come preziosa erede di un patrimonio espressivo che può e sa ancora parlare alla contemporaneità.
Le successive prove sapranno dire se Natalia Lafourcade può farsi realmente tramite di questo messaggio: la prima prova può comunque dirsi senz'altro superata.
(31/08/2017)