Dal punto di vista prettamente musicale, il nuovo album solista segna un ritorno a uno stile più intimo, con la voce che avanza delicatamente nel proscenio accompagnata solo da pianoforte e chitarra, lasciando nel retro gli altri strumenti sovraincisi. Questa scelta si traduce in un insieme di dieci canzoni solo apparentemente semplici, che riportano alla mente gli alberi del titolo capaci di invecchiare con dignitosa naturalezza. Quando più di un anno fa Hammill iniziò a lavorare all'album, provò in seguito a eseguire alcune di queste canzoni nei propri concerti in live set sempre spogli e minimali. Ognuna di queste tracce si ricollega perciò al proprio noumeno, a quello stato d'animo originale: Hammill apporta solo qualche piccola modifica in corso d'opera, grazie all'ausilio di pochi altri strumenti e all'utilizzo dei cori, che non stravolgono comunque la tavolozza cromatica ma illuminano soltanto qualche passaggio significativo. Facendo ciò, Hammill si allontana parecchio dalla ridondanza sonora dei suoi ultimi album solisti e sceglie invece di ritornare ai tempi di "And Close As This" (1986).
Spogliata da artifici e orpelli, la sua voce - anche quando vacilla in un falsetto non sempre sicuro - è la forza trainante di questo viaggio emotivo, fatto di lettere acustiche mai inviate ("My Unintended"), richieste rimaste inascoltate ("Deaf Ears") e struggimenti privati ("Charm Alone"). Un brano come "What Lies Ahead" esemplifica alla perfezione come il solo pianoforte sia capace di mettere in risalto il significato intero della traccia, con il basso, i cori e il synth che conferiscono al testo un ulteriore spessore, concorrendo allo sviluppo di una vera e propria narrazione strumentale, mentre Hammill riflette in prima persona sui fallimenti passati e su quelli futuri. L'incertezza, in tutta la sua dolce umanità, permea anche la crepuscolare "Anagnorisis" e, soprattutto, l'ineludibile malinconia di "Torpor", in cui il cantautore esorcizza la sottomissione a un corpo che non risponde più alle sue funzioni di base, nonostante l'interpretazione vocale di Hammill in questa canzone sia paradossalmente la più potente dell'intero disco ("trovo difficile respirare/ non riesco a tenere il passo/ sento come se stessi rallentando irreversibilmente e non si sa dove questo possa portarmi").
Tra valzer sardonici ("Reputation") e relitti del passato che vengono a galla ("Milked"), Hammill trova il tempo anche per ripercorrere i suoi inizi folk in "Girl To The North Country", con la chitarra acustica che diviene l'arma con cui il cantautore affronta se stesso, sovvertendo nel testo il classico clichè dell'uomo che riflette sugli amori giovanili. A chiusura, le note cicliche del piano e i venti orchestrali di "The Descent" sembrano infine dissolversi da qualche parte tra il passato e il futuro, con i cori che fungono da perfetta colonna sonora alla fatale caduta dell'animo umano.
(06/12/2017)