Spesso ci si chiede come la musica riesca a ottenere la chiave d’accesso alla nostra intimità, come sia possibile che un suono o una melodia possano sfuggire alla rigida logica dell’effetto meccanico prodotto dalle mani sullo strumento, tanto da lasciarci nudi di fronte a delle semplici sequenze di note o parole. E' in quei rari attimi di sublimazione sonora che si svela la ragion d’essere dell’arte. Molti musicisti sono così affascinati da questa arcaica alchimia da dedicare tutta la loro vita allo studio e alla comprensione di magnificenze sonore senza tempo.
La pianista Alessandra Celletti non si è mai risparmiata dall’esplorare le infinite possibilità del suono, da Scott Joplin a Philip Glass, da Hans Joachim Roedelius a Claudio Rocchi, dalla musica sacra a quella on the road, nulla è stato trascurato dall’artista romana. Erik Satie resta il primo grande amore, in virtù di quella capacità di proiettare il suono al di là della fisicità dello strumento, una prospettiva artistica che Alessandra Celletti coltiva interagendo con altre forme d’arte come la pittura, la computer-graphic, la pop art, i fumetti, creando raffinate assonanze tra musica e immagini.
“Sacred Honey” è il ventesimo album della pianista, il secondo dedicato al mistico armeno Georges Ivanovič Gurdjieff e al compositore russo Thomas De Hartmann (il primo “Hidden Sources” è datato 1998). Le atmosfere misteriose, magiche, anzi esoteriche di Gurdjieff e Hartmann questa volta vengono leggermente filtrate da una strumentazione meno spartana: strumenti elettronici, harmonium, contrabbasso, kaval ed eufonio aggiungono nuove tonalità e riflessi, modellando le note cosi come un caleidoscopio modella le infinite variabili del colore e della luce.
Alessandra Celletti padroneggia le note con una personalità e un tocco sapiente e incantevole, lo stile è flessuoso, ricco di mezzi toni e sfumature di grigio, un’attitudine artistica capace di appassionare sia il cultore della classica che l’appassionato di musica jazz, nonché d’incuriosire il pubblico rock.
“Sacred Honey” è l’ennesima conferma del talento della pianista romana, un’artista che del minimalismo e della magia della musica sacra ha fatto il suo habitat creativo, e in questo antro a volte angusto, spesso frainteso, riesce a cogliere più di una volta quella spiritualità che differenzia l’arte dal pur dignitoso mestiere.
29/11/2018