Il suono di Blessed Child Opera ha acquisito, negli anni e col passare delle uscite discografiche, i tratti di un corpo sempre uguale eppur sempre mutante, continuamente rifinito e sottilmente manomesso. Questo bilanciamento, a tratti spontaneo e a tratti artificiale, funziona e innerva dischi riusciti come "The Darkest Sea" (2013) e tende invece a farsi zavorra in "The Devil And The Ghosts Dissolved" (2015) e "A Wonderful Breath Of Life" (2017).
Il doppio "Love Songs/Complications" (2018), al contrario, volge a netta dicotomia questa ricerca d'equilibrio. Il primo cd, "Love Songs", coerente con il titolo, marca una vistosa regressione a una routine di ballata perlopiù acustica di qualità indistinta. Come dimostra il nerbo con cui arrangia la cantata folk-rock dolente di "I Force Myself", questo rimane comunque il territorio dove Messere vanta una dimestichezza con pochi eguali. Le canzoni sono però scoordinate, patetiche, semplicemente non riuscite, a parte alcune ("Boat Sunk Years Ago", "In Your Panties", il tango sconnesso di "Wondering In The Street") poco più che gradevoli, oltre al maestoso valzer alt-country di "Just Like A Mental State", quasi onirico. Manca un vero centro melodico a giustificarle.
"Complications", è uno dei suoi più irrazionali, caotici, creativi. "You Don't Need It" usa diverse tecniche: orchestrazioni claudicanti alla Tom Waits, campionamenti in stile trip-hop, andatura fatalista e strascicata alla Crime & The City Solution. Quest'inizio reboante si ritrova, variato nelle più impensate maniere, in quanto segue: nella fantasmagorica, sfaldata "Pray That God", nella cupa serenata elettronica di "Nothing Can Stop Me" (dalle parti del tardo Leonard Cohen), nel trambusto da medina che disturba e investe "Do You Have Chosen For Life?". "Live Forever In Oblivion" spinge del tutto sul clima di sospensione sinistra e dissociata; così fa anche "As A Gift From Some God", ma le sorgenti sonore sembrano moltiplicarsi e confondersi com in una sala degli specchi. "Kill That Bastard" è un piccolo incubo acid-rock. Queste intuizioni si ritrovano in parte anche nel solito momento dell'eleganza Nick Cave-iana al pianoforte, "Loosing In Your Arms".
Disorientante, colto ma godibile, atmosferico ma anche molto fisico: tolti i riempitivi, il secondo disco, "Complications", assomiglia spesso a una collezione di sonate da camera in miniatura ed entra di diritto nella lista dei suoi lavori felicemente riusciti. "Love Songs" sta dall'altra parte, tra i suoi peggiori; ribalta tutto e aggiunge pecche di concezione che si traducono in difficoltà d'ascolto.
18/11/2018