Michael Pisaro

Shades Of Eternal Night

2018 (Gravity Wave)
contemporanea, sperimentale

Due uscite che si controbilanciano, quelle che sanciscono il ritorno in attività l'etichetta Gravity Wave di Michael Pisaro, compositore del collettivo Wandelweiser ed esploratore infaticabile del terreno di confine tra musica minimale, suono naturale e silenzio. Una sensibilità che sta conoscendo una propria piccola fortuna anche nelle sale da concerto americane ed europee, oltre a un’ampia discografia che ne attesta il crescente riconoscimento a livello internazionale.
E se da un lato “Étant donnés” rappresenta la deviazione dalla norma (ammesso che così si possa definire, nel caso di una musica talmente libera da schemi tradizionali), “Shades Of Eternal Night” è una nuova pregnante opera in tre movimenti che mette in dialogo lo strumento classico per eccellenza, il pianoforte, e field recordings effettuati da Pisaro nel sud della California e in Grecia, durante uno dei suoi consueti viaggi per il mondo.

Le parti strumentali sono affidate a Reinier Van Houdt, il quale si era già occupato di registrare l’integrale per piano solo di Pisaro, pubblicata due anni fa su Erstwhile (“The Earth And The Sky”, 2016). Ma molti dei suoni che possiamo ascoltare nei tre quarti d’ora complessivi dell’opera possono essere solo in parte attribuibili allo strumento: per quanto misurata, la sua identità nei brani pubblicati in precedenza era inequivocabile laddove “Shades Of Eternal Night”, in luogo di una piena presenza della sorgente acustica, sembra favorirne l’eco, come un’ombra resa alternatamente lontana e vicina attraverso manipolazioni di volume, velocità e definizione. Ciò che ne risulta è simile a una lunga sonata assemblata in studio, tesa ad avvicinare con ogni mezzo a disposizione l’idea di un ascolto “fenomenico” ed elementale.

Ne danno piena evidenza, dopo il soffuso drone introduttivo di “Ghosts Of The Site”, i venti minuti di “Event Storm”: un vero e proprio paesaggio sonoro prima della tempesta, scosso dal vento, dallo scroscio del mare e, sullo sfondo, da cascate d’intensità impressionistica provenienti dal lato sinistro della tastiera; minaccioso sulle prime, eppure vieppiù assorto in una serena contemplazione di un prorompente accadimento naturale, dove al montare dei tuoni nel cielo il pianoforte risponde con uno spostamento verso le note alte, sino a sfiorare per la prima volta l’apice di una struggente melodia neoclassica.

Dalla pittura figurativa – benché pervasa da una vibrante anima turneriana – “The Poem Of Names” passa improvvisamente all’astrazione, concentrandosi per diversi minuti sul suono di pennelli che sfregano con decisione sulla tela, amplificata per mezzo di microfoni. È un suono che inizialmente può ricordare i fruscii di Keith Rowe, mentre “agisce” la sua chitarra in posizione orizzontale come un crepuscolare action painter: il suo nome è sì citato nei ringraziamenti, ma per l’utilizzo di un sample nel quale il pioniere dell’improvvisazione britannica percuoteva un’incudine, già presente nel recente duo con Pisaro (“13 Thirteen”) e nella parte finale del magnum opusThe Room Extended”. Altri suoni percussivi più leggeri, inizialmente acuti, si fanno strada in quello che per gran parte del tempo appare come un movimento rado e inconsequenziale, finché l’ombra del pianoforte non riemerge, per pochi secondi, con una luminosità che si riverbera proprio nel contrasto coi brevi tratti incolore che la precedono.

Come già “Étant donnés” (dall’ultima opera installativa di Marcel Duchamp), anche “Shades Of Eternal Night” eredita il suo titolo dall’opera di un artista del Novecento conservata al Philadelphia Museum of Art: si tratta di una di dieci sezioni dell’opera Fifty Days At Iliam di Cy Twombly, che a sua volta si ispira alla traduzione di Alexander Pope dell’Iliade di Omero; disposti in ordine sequenziale, ciascuno dei dieci quadri sintetizza con parole e figure elementari alcuni momenti cruciali del poema epico, dove in più occasioni “l’eterna notte” ricopre i caduti in battaglia; nella tela titolare, una nuvola grigia acquarellata si eleva serena in uno spazio vuoto di colore bianco/rosato.
Il cerchio si chiude, rivelandoci “Shades Of Eternal Night” nel suo essere un’allegoria simbolica della morte in senso individuale e assoluto, artistico e umano, nonché un’opera molto più profonda del suo immediato livello esperienziale – già di per sé mesmerico.

29/03/2018

Tracklist

  1. I. Ghosts Of The Site
  2. II. Event Storm
  3. III. The Poem Of Names

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