Cari amici poppettari, i tempi son cambiati. Vi ricordate quando le popstar seguivano il classico ciclo biennale di pubblicazioni discografiche? Correva ancora l'era delle svolte sonore e stilistiche di Cher, Bowie, Madonna, Kylie e Janet, e c'era sempre di che poter discutere su ogni santa uscita; fan delusi e fan entusiasti, rovinosi flop e clamorosi successi, paraculate modaiole e piccati voltafaccia critici. Per quanto il panorama musicale sia sempre stato un gran brulicare di coesistenti intersezioni stilistiche, l'ascoltatore medio un tempo poteva ancora contare su un vago senso dell'ordine, una solida gerarchia di certificazioni di vendita, e ritmi di assimilazione medio/lunghi. Bei tempi, vero? Ora non più.
Ariana Grande negli ultimi dieci mesi ha sparato in streaming otto canzoni diverse per accompagnare due album di studio rilasciati a meno di sei mesi l'uno dall'altro. Ha voluto fare "come fanno i rapper" con le loro estemporanee uscite fai-da-te liquidate in rapidissima sequenza grazie all'avvento della rivoluzione digitale. E se in campo rap tale modalità si è rivelata un perfetto medium per accelerare le faide e tenere gli ascoltatori sulle spine (celebre quella tra Drake e Pusha T riesplosa qualche mese fa, ma la lista è infinita), il mondo del pop non poteva certo rimanere fuori dai giochi ancora per molto. Il punto è che mai come oggi artista e fan hanno la possibilità di comunicare l'un l'altro in tempo reale, i canali social hanno formato un gigantesco forum planetario ed è qui che si muovono i giovani di oggi. Ma soprattutto - e questo gli esperti con accesso alla sala bottoni lo sanno bene - è qui che vengono consumate "a gratis" tonnellate di musica.
La 25enne Ariana in questo non è altro che una ragazza del proprio tempo. Il recente spaccato di vita l'ha vista affrontare la prematura scomparsa del suo ex a causa di overdose (il celebrato rapper Mac Miller) e la rapida implosione di un altro legame romantico col comico Pete Davidson (al quale, giusto sei mesi, fa era dedicata una canzone sul precedente "Sweetener"). Lungi però dal metabolizzare tali eventi per farne un progetto stile "Lemonade", Ariana è rientrata prontamente in studio per licenziare nuove canzoni come fossero tweet, e in tal clima la fretta ha dato i suoi frutti: l'enorme successo dei primi due singoli estratti (il video-evento spacca-record della title track e le chiacchiere sull'accusa di plagio a "7 Rings") hanno (ri)consacrato la ragazza come il volto femminile più in vista del momento (e questo per tacere della spassosissima saga del tatuaggio giapponese sul palmo della mano - un momento di stupidità degno del tonno di Jessica Simpson).
Ed è proprio su questi temi a cavallo tra il serio e il mondano, tra il meme e il raffinato, che nasce "thank u, next", fratello maggiore del precedente album per il modo in cui riprende sia il tema della copertina che le sonorità, ma migliorando il look e arricchendo il canzoniere.
Funzionano sia i lenti come "imagine" (dove la Nostra riaccenna pure un paio di whistles) e la rarefatta "ghostin" (uno dei pezzi inaspettatamente più belli del lotto) che i saltellanti bop ormai tipici dello stile-Grande, da "fake smile" e "needy" al pimpante ritmo di "bad idea". Ovviamente non mancano i momenti da stronzetta ricca e viziata, come la già citata "7 Rings", e il primo inno puttanello di questo 2019: "break up with your girlfriend, i'm bored".
Menzione di riguardo per l'ottima "bloodline", uno scarno e torrido reggae tutto synth e ottoni sul quale il soprano di Ariana comanda con navigata naturalezza.
Solo il tempo saprà mettere in prospettiva il caos dell'industria discografica di questi anni e stabilire cosa è stato davvero iconico e cosa no - che poi è giusto un "cruccio" da vecchi ascoltatori da hit parade rimasti spaesati dai conteggi dello streaming, ché per i giovani di oggi la questione pare piuttosto irrilevante. Di certo Ariana Grande è la popstar anglofona più lanciata del momento, quella che più di chiunque altro è riuscita a declinare l'esperanto della trap in un soffice ed elegante linguaggio melodico, e pur senza i singolazzi dance-pop del passato prossimo, "thank u, next" è la sua più solida raccolta lunga.
14/02/2019