Ispirate al romanzo di W.S. Sebald “The Rings Of Saturn”, le nove composizioni prendono spunto dal silenzio, dalle pause, dai tempi lenti della natura. Caoimhín e Thomas sfidano le regole della tradizione irlandese, e la rarefazione sonora esalta il fascino spirituale della loro musica, oltrepassando i limiti di genere.
Elemento peculiare è l’uso, da parte di Caoimhín Ó Raghallaigh, dell’hardingfele: uno strumento tradizionale norvegese simile al violino, che al posto delle quattro corde si avvale di sottocorde, da 4 a 6, che entrano in risonanza acustica in sincrono con le quattro superiori, creando sonorità molto più ricche e complesse rispetto a quelle di un classico violino.
Alla natura sfuggente e delicatamente riflessiva dell’album contribuisce anche la scelta di affidare gran parte delle tracce all’improvvisazione e alla fluidità del pensiero: Thomas e Caoimhín inseguono un concetto di bellezza e meraviglia senza tempo. E’ una musica che necessita di spazi ampi, quella del duo, un racconto intimo come un sussurro, nel quale ogni nota, centellinata da piano e hardingfele, è dotata di una connessione emotiva profonda.
“Caoimhín Ó Raghallaigh & Thomas Bartlett” è un album che, pur conoscendo momenti palesemente intensi e straordinari (“We Thought We Knew”, “Further Than Memory”), assume senso e ragion d’essere solo nel suo insieme, un progetto neo-folk che cede al fascino del passato in un unico, sparuto episodio (“My Darling Asleep”).
Difficile immaginare un dialogo tra due strumenti più appassionante della danza sfuggente e distratta di “Zona Rosa”, o un romanticismo più languido e oscuro di quello accennato dal piano di Bartlett in “Open Shelter”. Nulla, però, in confronto al suono al limite del metamorfismo che Ó Raghallaigh estrae dal suo strumento per “Kestrel”.
Non è un album facile, il progetto dei due musicisti dei Gloaming: improvvisazione e meditazione sono due elementi difficili da tenere insieme, ma la perfetta sinergia regala pagine intense il cui fascino descrittivo è affine più a Satie o a Debussy che alla tradizione folk. Un album per molti, ma non per tutti.
(21/10/2019)