Sempre maestro di eleganza, questa volta il nostro neuroscienziato prestato alla musica spinge su ritmi anche marcatamente aggressivi, ricorrendo alle più scatenate frenesie di Squarepusher e Amon Tobin, ma sempre per unire la pulsione animale ai viaggi mentali, mai così grandiosi e visionari ("Falaise", "Karakul").
Il territorio più battuto è quello di una techno glitchy, come in "Last Bloom" e "LesAlpx", e di una breakbeat educata, come in "Anasickmodular", "Bias" o "Environments". Un ricercato equilibrio fra fisicità e intellettualismo, un incontro e scontro fra mente e corpo che è all'origine della sua musica, qui peraltro più emancipata dal jazz dell'esordio e affine anche allo spirito, se non alla forma, della musica classica ("Birth", "Requiem For CS70 And Strings", "Sea-Watch"), tanto da far chiudere l'album con una ectoplasmatica sonata per synth come "Apoptose", inesorabilmente inghiottita dai ritmi futuristico-tribali.
Cosa chiedere di più, quindi? Una maggiore ambizione compositiva, che qui si riduce al mettere in fila varie idee sonore, e soprattutto una maggiore diligenza a filtrare il materiale, mai scadente ma alcune volte semplicemente dimenticabile. Buoni propositi per un prossimo album, a questo punto.
Nota di merito a parte la merita la ricerca prettamente sonora, in un lavoro sopraffino di produzione e mixaggio dello stesso Shepherd, capace così di conferire vitalità, calore, dinamismo anche al più robotico, artificiale, innaturale dei clangori, dei tonfi, dei fischi: ascoltato a un volume da "disturbo della quiete pubblica", o anche solo con la giusta cuffia, l'album diventa un tramite efficace per l'eargasm di ogni piccolo, grande audiofilo.
(23/10/2019)