Uno dei passaggi più interessanti della discografia targata Interpol riguarda gli Ep d'inizio carriera, in cui si intravedono le scintille che deflagreranno nell'epocale "Turn On The Bright Lights" del 2002. In uno dei periodi più torvi della Grande Mela, Paul Banks e soci pubblicano per Chemikal Underground "Fukd ID #3", prima uscita ufficiale dopo i demo autoprodotti fatti girare tra colleghi e addetti ai lavori. All'interno troviamo la sporca veste di "PDA", il folle incedere di "5", una versione un po' più slow di "Roland" e la povera "Precipitate", brano che darà il titolo all'Ep dell'anno successivo ma che non vedrà mai la luce su album.
Il secondo esito presenta un'altra versione di "PDA", la futura conclusione di "Antics" - "A Time To Be Small" - e "Song Seven", pezzo dal bel potenziale, penalizzato però da una (auto)produzione non eccellente e - discorso valido per molte composizioni degli Interpol alle fasi iniziali - un'impostazione vocale di Banks non impeccabile. Il vero momento cruciale è il 4 giugno 2002: sotto Matador - e si sente - esce l'omonimo Ep già con un piede dentro "Turn On The Bright Lights": c'è il primo singolo dell'imminente esordio (l'onnipresente "PDA") e una delle sue gemme, "NYC": rimarrà fuori dai giochi - peccato - "The Specialist".
Nel 2003 gli Interpol pubblicano per la Capitol il frutto di alcune live session francesi sotto il nome "Black Ep", cui ne seguiranno altri sempre contenenti live o remix: per ascoltare qualcosa di nuovo fuori dagli album, ecco a nemmeno un anno di distanza da "Marauder" l'Ep "A Fine Mess".
Ancora affiancati da Dave Fridmann e con l'aggiunta di Kaines & Tom A.D, i tre musicisti si chiudono in studio nei pressi dello stato di New York e incidono cinque inediti. Il senso di "casino" è ricreato fin da subito nell'artwork che accompagna l'opera: una serie di fotografie sviluppate da un vecchio rullino abbandonato in una stazione di polizia di Detroit in disuso. Ma se tale contesto visivo e il titolo possono suggerire un caos non proprio "fine", l'atmosfera generale dell'Ep è a tratti euforica: per quanto possano esserlo gli Interpol, sia chiaro. "Well, if the mood's right, there's some hype, some currency" e che sia una partner o un compagno di battaglia, Banks è chiaro fin dai primi battiti dell'opener "Fine Mess": "You and me make a fine mess". Musicalmente, troviamo la grezza potenza degli esordi più calibrata, con la voce inizialmente sgranata e impastata insieme al ruggito degli altri strumenti. Un mood sonoro e compositivo che lega questa e l'altra anteprima "The Weekend" nel solco di "Marauder" per freschezza e impatto.
L'arrivo di un riff ben noto ai fan anticipa l'intensa "Real Life", pezzo già presentato negli ultimi show, la cui incisione rende altrettanto bene. Il trascinante intreccio di chitarra della movimentata "No Big Deal" ci accompagna "from the beach to the strip club", mentre spetta alla potente e tormentata "Thrones" chiudere degnamente le danze. Mentre si apprestano a girare il mondo con il nuovo tour - nella parte americana insieme a un certo Morrissey - gli Interpol con "A Fine Mess" aggiungono ai positivi esiti di "Marauder" altre cinque tracce a conferma di un attuale stato di forma vitale e ispirato.
20/05/2019