E’ un’opera che punta tutto su un fascino azzimato, su una contemplazione dell’attualità un po’ stralunata e distaccata, questa nuova di Kevin Morby. Di lui tutto si può dire tranne che non abbia dimostrato di saper evolvere nel tempo, cosa che si può dire davvero di pochi artisti contemporanei.
“Oh My God” è una delle opere più ambiziose dell’ex-Woods, forse il suo più sostanziale tentativo di scrivere un grande classico, perlomeno nelle intenzioni dichiaratamente revivaliste del disco.
A ben vedere, il contorno strumentale e di arrangiamento in realtà sorpassa, e non di poco, il contenuto di scrittura dei brani (ottime le idee anche nel ritmo martellante, declamatorio, quasi hip-hop “Halo”), come nella scolastiche “Congratulations” e “OMG Rock’n Roll”. Disco sovrastato dal pianoforte, sorta di impronta “nobilitante” e tutto sommato arrangiato con meno maniera rispetto al resto, “Oh My God” soffre appunto della scarsa direzione melodica dei brani, che poco offrono oltre ai racconti e interpretazioni Cohen-iane di Morby.
Le cose migliori sono i cambi di registro di canzoni come la Dylan-iana “Hail Mary”, anch’essa appesa, però, a un’idea melodica troppo stolida per trattenere l’interesse dell’ascoltatore sopra il suo incedere tonitruante.
“Oh My God” diventa così un disco in cui il talento innegabile di Morby in qualche modo “precede” il lavoro sulle canzoni, assai più povero della costruzione dell’immagine di compiutezza artistica che è evidente in tutto il disco, per esempio nelle interiezioni strumentali se non addirittura puramente ambientali, oltre che nell’insistenza della tematica religiosa/spirituale come grande elemento unificante.
Insomma, un disco che, in fin dei conti, nelle sue carenze di scrittura tradisce una pesantezza, un carico intellettuale non commisurato all’investimento espressivo.
29/05/2019