Anche per Kishi Bashi (vero nome Kaoru Ishibashi) è dunque venuto il momento di affrontare l’era Trump, con un risveglio di coscienza sociale, affidato a un malinconico chamber-pop-folk, orchestrato con l’aiuto di Nick Ogawa (aka Takénobu) al violoncello, e Mike Savino (aka Tall Tall Trees) al banjo e al basso. L’ex-componente dei Jupiter One e Of Montreal sacrifica i toni brillanti e a volte sopra le righe dei precedenti album, per abbracciare sonorità più morbide che tengano fede allo spirito schietto dei testi. Kishi Bashi si conferma autore e arrangiatore raffinato. Le prestazioni vocali sono puntualmente intense, ma il folk-pop pastorale di “Omoiyari” non sempre cattura tutta la forza dei testi.
Ad onor del vero, il tocco gentile alla Harry Nilsson di “Penny Rabbit And Summer Bear” e la grazia chamber-folk di “A Song For You” confermano il tocco da perfetto artigiano pop di Kishi Bashi. In converso, l’ingenuità folk-beat di “F Delano” e la non molto incisiva “Marigolds” (con l’ombra dei Mumford & Sons) non convincono fino in fondo.
E’ comunque difficile valutare questo nuovo album dell’artista americano senza tener conto delle premesse e delle suggestioni che l’accompagnano, a partire dalla copertina raffigurante spille a forma di uccello intagliate a mano dai prigionieri. Inoltre, non va trascurato che nel corso del 2020 uscirà un film documentario a supporto del progetto. Questo in parte giustifica gli eccessi sentimentali di brani come “Angeline” e aggiunge valore all’intensa e suggestiva “Theme From Jerome (Forgotten Words)”, rendendo meno indigesta la virata country della conclusiva “Annie, Heart Thief Of The Sea”.
Un po’ d’azzardo avrebbe senz’altro giovato a questo interessante e piacevole concept-album di Kishi Bashi. In attesa di vederne la trasposizione visiva nell’annunciato film-documentario, va comunque encomiata la coerenza del musicista, che ha evitato inutili abbellimenti orchestrali, cercando di catturare suggestione e pathos con l’arma della semplicità.
Inutile sottolineare che le già citate “A Song For You” e “Theme From Jerome (Forgotten Words)” entrano con autorevolezza nella classifica delle migliori canzoni del musicista, a questo aggiungendo l’esaltante singolo in perfetto stile Elo meets Divine Comedy “Summer Of ‘42”, un brano che ripristina il lato più estroso del chamber-pop di Bashi, catturando tutta la tensione melodrammatica del progetto.
Poche incertezze e qualche ingenuità (i due strumentali “A Meal For Leaves” e “Violin Tsunami”) non inficiano la resa di “Omoiyari”, anche se una maggiore omogeneità avrebbe senz’altro giovato alle lodevoli intenzioni dell’autore. Per i più distratti e superficiali, il nuovo album di Kishi Bashi è un gradevole sottofondo chamber-folk-pop da gustare con leggerezza e archiviare senza nostalgia. Ma ai più attenti e pazienti difficilmente sfuggirà la passione e l’onestà intellettuale con la quale l’artista ha affrontato un tema non facile e ricco di insidie, queste ultime abilmente superate grazie al tono né pedagogico, né patetico dei testi, così come degli arrangiamenti.
(14/06/2019)